Duro con Renzi, con il partito democratico e con la legge di bilancio gialloverde. Più aperto e possibilista quando si parla del suo futuro e del movimento 5 stelle. Intervistato dal Corriere della Sera il sindaco di Milano Giuseppe Sala, non nega le aspirazioni a un ruolo nazionale ma, pragmaticamente, le subordina a un gradimento personale tutto da dimostrare. Il contrario, di fatto, di quanto imputato all’ex segretario e premier del suo partito che per il primo cittadino “prima o poi uscirà dal Pd”. “Non è facile  – dice – restare in un partito se sei mal sopportato. La mia perplessità su Renzi è sempre la stessa, non aver mai creduto nella pluralità. Siamo in epoca di proporzionale. Senza capacità di allargare e trovare un consenso non sei un valore”. Di sé, al contrario, dice: “Non ho un percorso politico tracciato. Le pagine della mia agenda sono bianche. Vedremo”. Di certo il Pd deve cambiare, sottolinea il primo cittadino: “Penso che con le Europee alle porte, non bisogna rischiare di apparire disfattisti o usare parole che suonino come un liberi tutti. La politica è un prodotto fatto di uomini, donne e marchio, che non è solo una bandiera ma quello che contraddistingue contenuti e valori. Se il nuovo segretario del Pd sceglierà uomini, donne e contenuti giusti si potrà salvare la baracca, altrimenti saranno gli elettori a far capire che bisogna andare oltre”.

A proposito di allargamenti, il giudizio si fa più attendista quando si parla del m5s: “A differenza della Lega all’interno dei Cinque Stelle c’è un’anima sociale più accentuata. Che si possa governare insieme è tutt’altra cosa”, dice Sala. Che, tuttavia, torna in questo criticare le scelte Pd: “Continuo a pensare che sia stato arrogante andare sull’Aventino durante la formazione del governo. Non dico che siano meglio i Cinque Stelle, dico che i Cinque Stelle avrebbero avuto più bisogno di noi che della Lega perché per certe cose siamo più vicini. Non sono uno che si astiene dalla lotta politica e dal fare opposizione, però evito gli insulti e sconsiglio tutti, anche quelli della mia parte, di cadere in giudizi sprezzanti nei confronti dei Cinque Stelle”.

Il primo cittadino rivendica la buona gestione della città e lancia un appello al premier Conte con cui, dice, dall’inizio della legislatura non c’è stato alcun contatto: “Vuole essere un messaggio di incoraggiamento – dice – fatevi avanti per il bene del Paese. Se hai una cosa che brilla a livello internazionale e se sei a capo di un Paese che ha qualche problema di reputazione all’estero, perché non valorizzare Milano?”. Lapidario e in questo allineato al Pd, il giudizio sulla manovra: “Non è contro Milano, ma contro i comuni. Lo dimostra il fatto che i soldi per il prolungamento del metrò a Monza sono arrivati e che anche i precedenti governi hanno penalizzato i comuni. Con questo governo il problema si è fatto più intenso. Quando Salvini dice che non ho capito la manovra e me la manderà, confonde la parte corrente con gli investimenti. I comuni hanno problemi sulla parte corrente ed è chiaro che questa manovra toglierà circa un miliardo ai comuni. Aspetto fiduciosamente. Se ho torto mi scuserò, altrimenti spiegherò la situazione in trasparenza ai milanesi. Non posso stampare soldi. Se non li recupero devo intervenire sui servizi, cosa particolarmente dolorosa”. Ancora più duro sul taglio delle agevolazioni Ires su cui lo stesso governo ha già annunciato la marcia indietro: “È uno dei provvedimenti più sbagliati di questa manovra. È un gesto di arroganza. Sono il sindaco di una città ricca e ogni giorno ripeto che senza l’aiuto del Terzo settore non ce la farei, figuriamoci il resto del Paese. Ora dicono che correggeranno, vediamo”.

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