I social network hanno cambiato la nostra vita, è un fatto indiscutibile. Meno evidente ai più è il fatto che gli stessi hanno cambiato anche la nostra mente, il nostro approccio alla realtà fisica e alla nostra stessa sfera privata. Questo è accaduto e accade prevalentemente a causa di tre fattori fondamentali:
1. l’incomprensibilità della platea potenziale;
2. la superficialità nella pubblicazione dei post;
3. il narcisismo.
Il primo fattore rappresenta qualcosa di incommensurabile per la nostra mente, proprio come ci è impossibile concepire l’universo con i suoi miliardi e miliardi di stelle. Questo accade perché siamo esseri finiti, che vivono un’esistenza limitata e che nel corso della vita hanno rapporti con un numero esiguo di persone, rapportato alla popolazione mondiale. Così come con le stelle, non riusciamo proprio a concepire che pubblicando qualcosa in Rete il pubblico potenziale del nostro atto è di miliardi di persone.
Questo ci porta direttamente al secondo punto: pubblichiamo qualunque tipo di informazione che ci riguarda, cosa facciamo, dove siamo, cosa mangiamo, con chi ci siamo fidanzati. Esponiamo immagini nostre e della nostra famiglia, dei nostri amici e conoscenti, di gattini e cagnolini, fino ad arrivare al colmo di vedere esposte al pubblico ecografie di esseri umani ancora di là da venire al mondo, ma già esposti a miliardi di occhi sconosciuti. Un comportamento così tanto irrazionale racchiude gli ovvi rischi impliciti di una sterminata platea potenziale. Dal ladro che sa quando non sarete a casa, all’improbabile pedofilo che potrebbe scambiare le foto dei vostri figli a livello planetario, fino a immaginare uno Stato di polizia che sa tutto di voi a priori semplicemente perché voi stessi spiattellate ogni minuto informazioni privatissime che vi riguardano.
Allora, ecco il terzo punto: agiamo in maniera tanto inconsulta perché a spingerci è una forza irrefrenabile che dall’alba dell’uomo si manifesta nella nostra evoluzione come un virus: il narcisismo. Un sentimento, appunto, sempre esistito, ma che oggi i social amplificano a dismisura, complici anche i modelli culturali degli influencer che tutti – specialmente i più giovani – si affannano a rincorrere. Una pressione mediatica potente e costante il cui inizio contemporaneo può essere individuato nel Grande Fratello televisivo, seguito da tutti i suoi cloni.
Apparire è diventato sinonimo di esistere. Io stesso sono stato contattato appositamente da alcuni miei “amici di social” per sollecitare un “like” o una condivisione. Mi sono vergognato e mi vergogno tuttora per loro, come mi irrito quando qualcuno dei miei contatti pubblica le ecografie del proprio utero o dei propri bimbi sorridenti e ignari. Forse è questa la sfida più grande che ha oggi davanti la scuola: l’educazione alla vita in Rete. Ci vorranno – temo – delle generazioni, perché ad oggi in moltissime famiglie siamo ancora allo stato di abbrutimento digitale assoluto e non esiste per questo nessun piano di istruzione nazionale.
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