Al termine dell’incontro, l’irritazione delle due ministre è palese. Hanno perso due ore di tempo per nulla, raccontano i relativi staff. I nuovi nomi proposti dal presidente della Croce rossa italiana si sono rivelati “inutili” perché “due candidate hanno più di 80 anni e una sola su quattro si è poi detta disponibile”. Quelli indicati dalle stesse volontarie, per contro, “non sono mai arrivati alla loro attenzione”. Ieri mattina i titolari dei dicasteri della Difesa e della Salute Elisabetta Trenta e Giulia Grillo hanno incontrato personalmente le candidate alla nomina di ispettrice nazionale del Corpo delle Infermiere volontarie della Croce rossa italiana, più note come “crocerossine“, prestigiosa componente dell’associazione di volontariato più grande d’Italia, fiore all’occhiello delle missioni umanitarie e di pace. Le ultime, perché in una manciata di mesi si sono fatti una decina di nomi per il comando, come si trattasse della Delta force. A novembre, è scaduto il mandato dell’ispettrice Monica Dialuce. Le sorelle di tutta Italia, come da prassi, hanno “autonomamente” indicato le loro preferenze dopo una consultazione da cui sono usciti tre nominativi ignorati però dal presidente della CRI cui – per statuto – spetta l’indicazione per Palazzo Chigi. Francesco Rocca ne ha preferiti altri tre, e quando i ministri competenti ne hanno richiesti altri ha proposto loro a integrazione una ulteriore quaterna che porta così a dieci i nomi. Anche quest’ultima, però si è rivelata non risolutiva.

Secondo le fonti del Fatto.it, confermate da Rocca in persona, il poker proposto contava una sorella che ha 82 anni, un’altra che da 15 veste abiti civili perché fuori del Corpo, una con un’azienda di pulizie nel salernitano e l’ultima, anziana, che deve provvedere a problemi familiari. La prova provata, per le sister in arms, che il vero obiettivo del presidente è “togliere qualsivoglia autonomia alla gloriosa istituzione”, nel solco di quell’opera di demolizione e privatizzazione che via via ha ridotto la Croce Rossa Italiana a una società per azioni, una spa con l’unico vantaggio di spendere con più autonomia soldi pubblici, come sembra rivelare la vicenda della famosa “manina”  e dei 48 milioni di euro infilati nel decreto fiscale a metà ottobre, a copertura di debiti verso l’Inps e costi di gestione.

La faida tra crocerossine e vertici si trascina da oltre un anno. Alcune di loro sono uscite allo scoperto rompendo il tradizionale riserbo. Ad esempio acquistando una pagina de La Stampa per denunciare pubblicamente il tentativo dei vertici di “snaturarle” e “ridurre a delle majorette per la festa della Repubblica, togliendoci i gradi e l’autonomia”. Sullo sfondo, una questione di fondi (ma non solo). Dopo lo smembramento dei reparti militari della Cri, congedati di fretta o passati ad altre amministrazioni per scaricarne su queste il costo, erano rimaste loro a chiedere il mantenimento della natura pubblicistica dell’ente. Per rivendicare poi che la figura di ispettrice capo fosse “reale espressione del Corpo e possegga al massimo livello le competenze richieste” hanno poi lanciato una petizione online su Change.org che oggi viaggia sulle 7mila adesioni. Essendo il corpo più popolare e riconoscibile nella società civile, e non ricevendo stipendio né nulla in cambio, difficilmente possono essere tacciate di interessi diversi dalla salvaguardia di una tradizione nobile che spegne quest’anno 110 candeline.

Lo fa proprio il presidente Rocca che reagisce bruscamente, anche con sprezzo, alle loro istanze. Intervistato dal Fatto.it spiega la situazione come una sorta di fronda delle madamine ricche “per una questione di potere e poltrone”. Anche quando è apparsa la pubblicità che contestava la “smilitarizzazione” del Corpo delle volontarie, la risposta fu un tweet beffardo con un calice e la scritta: Gli unici gradi che ci interessano sono quelli dello Spritz”. Il tema era legato ai fondi: le Crocerossine in quanto ausiliarie delle Forze Armate ricevono dalla Difesa 1,2 milioni di euro l’anno, a titolo di mero rimborso per le trasferte e la formazione professionale (fanno due anni di corso da infermiere volontarie). Soldi che ne garantivano l’autonomia. A detta delle crocerossine, la reazione al fastidio va molto oltre.

“Apprendiamo – si legge in calce alla petizione –  che in questi giorni si è manifestata una gravissima azione discriminatoria nei confronti di una delle Sorelle firmatarie, per l’ennesima volta in violazione delle nostre norme regolamentari. Noi poniamo questa importante questione all’attenzione dei Ministri, perché la valutino nel merito ma soprattutto nel metodo: noi auspichiamo che la nuova Ispettrice Nazionale sia scelta in modo da garantire la vigilanza e l’intervento su ogni indebito atteggiamento autoritario che vada contro le vigenti normative”. Il culmine della guerra sarebbe una macchia sulla divisa bianca difficile da cancellare. Per i 110 anni di corpo l’ispettrice uscente Dialuce aveva chiesto al Presidente della Repubblica di partecipare alla festa del Corpo. Dal Quirinale arriva la conferma: “Vengo con immensa gioia”. Ma ecco che di mezzo si sarebbe messo ancora Rocca che “non autorizza alcuna spesa, ad invito già formulato”. Le versioni però divergono. Per le sorelle Mattarella, a quel punto, si sarebbe rifiutato. Per Rocca, avrebbe solo rimandato per impegni. E la guerra va avanti.

“In un contesto come questo è essenziale che il principio di rappresentanza sia salvaguardato”, dice l’ex commissario Maurizio Scelli che senza alcuna intenzione di tornare segue con calore, ricambiato, le sorti della Croce Rossa, soprattutto dopo gli effetti a suo dire “devastanti”, della riforma operata dal Governo Monti nel 2012 (che il prossimo 5 marzo 2019, a distanza di sette anni, sarà valutata se Costituzionale o meno dalla Consulta). “All’epoca cercai in tutti i modi di convincere le crocerossine ad accettare il principio da inserire nello statuto della CRI in base al quale ogni candidatura alla nomina al vertice di qualunque livello, dal comitato sotto casa al nazionale, fosse accompagnata da un reale  consenso della relativa base e non solo per indicazioni dall’alto. Non mi seguirono ed oggi la situazione assurda che stanno vivendo è conseguenza di quel rifiuto. Peraltro aggravata da un presidente che non ha simpatie per loro, ricambiato, che non si confronta, non rispetta storia e prestigio del Corpo imponendo scelte personali. Forse è il caso che si preoccupi di dare concretezza agli elogi dopo le tante, anzi troppe, parole senza seguito”.

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