Una corsia preferenziale per le denunce e indagini più rapide sui casi di violenza sulle donne. Il “codice rosso“, il disegno di legge che porta le firme del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e di quello della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno, ha ricevuto il via libera dal Consiglio dei ministri. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e gli altri membri del governo durante la riunione hanno indossato un nastrino rosso, simbolo di vicinanza alle vittime. Il colore scelto rimanda al grado di massima urgenza previsto nel triage dei pronto soccorso. “Dal Governo è stato dato un segnale concreto contro la violenza di genere” commenta il capo del governo. Conte ha spiegato che sono stanziati 33 milioni per il 2019 destinati a un fondo di emergenza, somma che sarà coordinata dal sottosegretario alle Pari Opportunità Vincenzo Spadafora. “Con questo disegno di legge – aggiunge la ministra Bongiorno – qualcuno si accorgerà che le donne non possono essere massacrate in attesa di giudizio – gli ha fatto eco la Bongiorno – Quando una donna si rivolge allo Stato e alle forze di polizia per denunciare la violenza che sta subendo, quella donna deve avere una corsia preferenziale. Anche un giorno può essere determinante per salvarle la vita”.

La ministra per la Pa ha posto l’accento sulla difficoltà che spesso hanno le vittime a denunciare e sull’importanza di prevenire le morti che ancora registrano numeri altissimi. “Non bisogna considerare come scontato che una donna si rivolga alle forze di polizia – incalza il guardasigilli Bonafede – Quella richiesta di aiuto è spesso un atto di coraggio”. I tempi più brevi, aggiunge, non si avranno solo in fase di denuncia, ma anche negli step successivi: “La semplicità di questa legge è anche la forza di questa legge“.

Non è convinto il Pd. “Leggerò il testo del decreto con attenzione non appena sarà disponibile, ma a giudicare dalle dichiarazioni dei ministri proponenti, si è preferita ancora una volta la propaganda alle soluzioni ragionate e concrete”, ha commentato Lucia Annibali, deputata Pd in commissione Giustizia, diventata simbolo della violenza contro le donne dopo essere stata sfregiata con l’acido su mandato dell’ex. “È antipatico dover ricordare che il cosiddetto ‘bollino rosso’ è in realtà già previsto dal codice di procedura penale“, ha continuato. Il riferimento è alla legge 119/2013 sul femminicidio che già prevede una corsia preferenziale per le vittime di determinati reati. Dello stesso parere Cosimo Ferri, deputato Pd, sottosegretario alla Giustizia nei tre precedenti governi (Letta, Renzi e Gentiloni): “Il codice rosso è una norma manifesto, uno slogan che non affronta realmente il problema della prevenzione e non tutela le vittime. E poi non è una novità”. “Ci auguriamo che il codice rosso riesca ad evitare che le donne vengano uccise mentre sono in attesa di giudizio. Aspettiamo di vedere il testo in Parlamento. Come sempre su questi temi avremo un atteggiamento costruttivo e privo di preconcetti”, ha scritto invece su Facebook Mara Carfagna, promotrice della campagna Non è normale che sia normale, proprio contro la violenza di genere.

Il provvedimento però non prevede solo la comunicazione immediata delle denunce al Pm, ma anche, ad esempio, l’obbligo di formazione ad hoc per le forze di polizia. Sono numerose le norme inserite nel Ddl. Ecco i punti principali della legge.

Denunce trasmesse subito al Pm – Sparisce, con una modifica dell’articolo 347 del codice di procedura penale, ogni discrezionalità da parte della polizia giudiziaria che, una volta ricevuta una denuncia da parte di una donna per maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate subiti e commessi in contesti familiari o di semplice convivenza, dovrà inviarla subito al magistrato senza valutare se sussistono ragioni di urgenza. In questo modo si punta ad evitare che la situazione si deteriori ulteriormente, adottando così il prima possibile provvedimenti “protettivi o di non avvicinamento”.

Vittima ascoltata entro 3 giorni – Il magistrato è obbligato a sentire la donna entro tre giorni dall’avvio del procedimento per tutti i casi di violenza domestica e di genere. Una deroga è possibile solo se ricorrono “imprescindibili esigenze di tutela della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della vittima”. Con la modifica dell’articolo 362 del codice di procedura penale si vuole dare al pubblico ministero la possibilità di valutare subito l’eventuale sussistenza delle esigenze cautelari a carico dell’aggressore.

Priorità alle indagini – Con un’integrazione all’articolo 370 del codice di procedura penale, si obbliga la polizia giudiziaria a dare priorità allo svolgimento delle indagini delegate dal pubblico ministero (senza alcuna possibilità di valutare l’esistenza dell’urgenza) in caso di reati di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate, commessi in ambito familiare o di semplice convivenza. L’esito dell’indagine va trasmesso in modo tempestivo al pubblico ministero.

Formazione della polizia – Il disegno di legge introduce l’obbligo di formazione (a partire dall’anno successivo all’entrata in vigore della legge) per la polizia di Stato, l’Arma dei carabinieri e la polizia Penitenziaria. Le forze dell’ordine frequenteranno corsi presso specifici istituti, così da ottenere le competenze specialistiche necessarie a fronteggiare questa tipologia di reati, sia in termini di prevenzione che di repressione degli stessi. Le lezioni serviranno anche ad avere un’adeguata interlocuzione con le vittime.

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