Non solo pedofilia nella Chiesa. Ma tanti altri reati commessi da preti e suore per lo più coperti dal silenzio imposto dalle gerarchie ecclesiastiche. È quanto emerge in Giustizia divina, edito da Chiarelettere, scritto a quattro mani dall’ex numeraria dell’Opus Dei Emanuela Provera e dal giornalista di Left Federico Tulli. Il libro raccoglie un’inchiesta molto rigorosa e ben documentata, ma al tempo stesso sconvolgente per la verità finora sommersa che porta a galla. “Silenzio e preghiera. È la pena – scrivono i due autori – comminata dalla Chiesa cattolica agli ecclesiastici che violano le sue leggi interne”. È il modo in cui di norma la Chiesa ‘reagisce’ pubblicamente alle notizie sui crimini compiuti da ecclesiastici in diverse parti del mondo. Sono le parole usate da Papa Francesco per commentare l’accusa, che gli è stata rivolta dall’ex nunzio vaticano negli Usa, monsignor Carlo Maria Viganò, di aver insabbiato le denunce per abusi su minori e adulti contro l’ex cardinale e arcivescovo emerito di Washington Theodore McCarrick”.

Le domane a cui rispondono agli autori sono tante, attuali e scottanti. “Quanti sono gli ecclesiastici detenuti nelle carceri? Quanti i preti, quante le suore? E che genere di crimini hanno commesso? – scrivono Provera e Tulli – Lo abbiamo chiesto alle autorità competenti ottenendo, con molta fatica e solo dopo aver insistito per mesi, risposte vaghe e incomplete. Durante la nostra indagine lungo l’Italia, da nord a sud, abbiamo intercettato diverse storie. C’è la suora stalker, c’è il parroco omicida, c’è quello che scappa dopo aver provocato un incidente, c’è il monsignore che spende per sé il denaro ricevuto tramite l’8 per mille. La violenza su minori non è dunque l’unico reato commesso da ecclesiastici. Forse è il più frequente, insieme ai reati di natura finanziaria, o per lo meno il più noto”.

I dati che emergono sono a dir poco inquietanti. “Dal 2000 sono almeno trecento i sacerdoti denunciati. Per molti di loro il reato di cui sono stati accusati era prescritto, ma almeno centoquaranta sono stati indagati o condannati. Alcuni in via definitiva. Abbiamo così scoperto – precisano i due autori – che molto pochi sono in carcere o ci sono passati. Dove si trovano? Dove scontano le misure alternative? La risposta non è ovvia, e non solo perché i preti quasi mai hanno una casa di proprietà. Di loro si occupa la Chiesa. Come una ‘madre amorevole’. ‘Non è vero che la Chiesa nasconde i preti pedofili, si sa benissimo dove si trovano. Spesso sono i magistrati che ce li portano ma, sempre, il loro vescovo è al corrente del loro ‘domicilio’. Altrimenti dovrebbe denunciarne la scomparsa’ ci ha raccontato un diacono psicoterapeuta che ha chiesto di rimanere anonimo”.

Che cosa è emerso da questa inchiesta? “Abbiamo scoperto – affermano i due autori – che in Italia esiste una efficientissima e molto discreta rete di ‘assistenza per ecclesiastici in difficoltà’ (questa è l’espressione utilizzata dal Vaticano) creata con lo scopo di favorire il recupero dei rei, tramite la cura, laddove ce ne sia bisogno, come nel caso dei pedofili, l’espiazione e la penitenza. È in una di queste dimore private che ha risieduto in segreto don Mauro Inzoli, noto esponente di Comunione e liberazione, prima di entrare nel carcere di Bollate in seguito alla condanna in via definitiva per abusi su minori avvenuta a marzo del 2018”.

Al silenzio e alla preghiera, dunque, verrebbe da aggiungere anche connivenza e omertà. “Nelle strutture per sacerdoti in difficoltà – scrivono ancora i due autori – non ci sono solo pedofili. Accanto a loro, insieme a loro, la Chiesa si prende cura dei disagi interiori vissuti dalla popolazione ecclesiastica italiana, che in termini numerici è la più estesa al mondo, con oltre trentamila persone. Nelle parrocchie e nei conventi si trovano la depressione, l’alcolismo, ci sono la ludopatia e altre dipendenze. E c’è l’omosessualità che ovviamente, laicamente parlando, non è un reato, ma che per la Chiesa è un peccato da espiare oltre che una malattia da curare come le altre lontano da occhi indiscreti. Anche così opera la ‘giustizia divina’ dello Stato vaticano. Che, è bene sapere, estende la sua attività nel territorio italiano. Anche questo abbiamo scoperto e documentato come mai era stato fatto prima”.

Giustizia divina è stato allegato alla denuncia contro lo Stato italiano presentata dall’associazione internazionale Ending clergy abuses riguardo la presunta violazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Secondo l’associazione, rappresentata nel nostro Paese da Rete L’Abuso, lo Stato italiano attuerebbe politiche omissive riguardo il contrasto della pedofilia di matrice clericale, che come diretta conseguenza produrrebbero un favoreggiamento e un incremento del fenomeno stesso. A riprova di questo comportamento, il libro di Provera e Tulli fornisce, secondo l’Associazione delle vittime, una serie di elementi inediti che prevalentemente ruotano intorno alla mappa italiana dei siti “segreti” in cui la Chiesa “assiste e cura” i preti pedofili. Il 22-23 gennaio 2019 è in programma un’audizione del governo di fronte al Comitato Onu per i diritti dell’infanzia a Ginevra proprio in relazione a questa denuncia.

Nella sua recente lettera ai credenti di tutto il mondo sulla pedofilia del clero, Papa Francesco ha puntato il dito contro il clericalismo. Per Bergoglio, infatti, “dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo”. Ne sono convinti anche Provera e Tulli che evidenziano come “il clericalismo finisce per trasformare la carità in indulgenza, la misericordia divina diventa l’alibi che genera distinzioni di trattamento tra i cittadini. Con la ‘complicità’, in Italia, del dettato costituzionale che recepisce i Patti lateranensi. Esiste infatti, e opera alla luce del sole, uno Stato nello Stato, con una giustizia parallela alla nostra, esercitata nei tribunali penali ecclesiastici e riconosciuta dalla legge in virtù del Concordato, che comporta degli evidenti privilegi per gli ecclesiastici, che nessun altro cittadino ha né può avere. C’è una denuncia precisa nelle nostre pagine riguardo a questa stortura ignota all’opinione pubblica. Stortura che nel caso della pedofilia finisce per ledere gravemente i diritti delle vittime dei sacerdoti”. Dalle parole e dai silenzi ora si tratta di passare ai fatti.

Twitter: @FrancescoGrana

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