Il giornalista cattolico ha uno sguardo diverso con il quale racconta gli eventi? E se sì, qual è? Il mondo della comunicazione si è confrontato spesso con la necessità di coniugare la professione con il Vangelo. Forse più che di una necessità, si tratta di una vera e propria opportunità per quel mondo dei media tanto corteggiato dai Papi, ma anche da loro bastonato per le sue capacità di divorare ogni cosa con una voracità e una velocità sempre più impressionanti.

Nel 1963 all’Unione cattolica della stampa italiana San Paolo VI diceva: “Parlare a giornalisti! C’è di che tremare: i giornalisti sono i professionisti della parola, sono gli esperti, gli artisti, i profeti della parola! Si può riferire a essi ciò che Cicerone dice dell’oratore ‘omnia novit‘; il giornalista sa tutto; la virtualità del suo pensiero e del suo linguaggio è tale da mettere in imbarazzo chiunque osi colloquiare con lui, anche se l’interlocutore ha una sua parola grave e densa da proferire; la quale però, a confronto di quella agile, duttile, felice del giornalista, resta timida e stentata e quasi dubbiosa di venire alle labbra”.

Montini proseguiva: “Parlare a giornalisti! C’è di che temere: essi sono pronti e abilissimi a carpire una parola, un’allusione, una frase e a trovarvi dentro cento significati; e ad attribuirvi quello che essi vogliono; la loro curiosità è una rete tesa, in cui l’incauto che vi si appressa, candido e ingenuo, cade facilmente, assalito da questioni inattese, da domande compromettenti, da giudizi imprevisti, liberi e audaci, talvolta inesatti e spietati. Parlare ai giornalisti! C’è di che supporre ciò essere superfluo: essi sanno tutto, dicevamo; essi non cambiano certo parere: essi si considerano semplicemente dei trasmettitori delle parole altrui e dei fatti che non li riguardano; si può sospettare ch’essi siano, in fondo, un po’ scettici, quasi indifferenti, troppo scaltriti nel classificare le opinioni altrui per subirne l’influsso e per dare a ciò che ascoltano altro peso che quello professionale, l’interesse cioè per il loro giornale e non per la loro anima”.

Più di mezzo secolo dopo quelle parole l’Unione cattolica della stampa italiana, presieduta dalla vaticanista di RaiNews24 Vania De Luca, sta cercando di concretizzare quel monito di Paolo VI. Un esempio concreto è il lavoro, a dir poco controcorrente, che l’Ucsi sta facendo rinnovando completamente la sua rivista Desk. Non un’ipocrita opera di maquillage, bensì un restyling di contenuti per dimostrare che è possibile raccontare la realtà con occhi diversi, alla luce dei valori del Vangelo, senza svendere la professione e senza nemmeno cedere al bigottismo anacronistico da sagrestia.

Non a caso l’ultimo numero di Desk è intitolato Raccontare la città. Un tema quanto mai attuale dopo le recenti giornate drammatiche vissute da tanti territori italiani colpiti da devastazione e morte, da Nord a Sud, e che si sono riscoperti fragili di fronte all’ennesima grave ondata di maltempo. Della necessità di ritrovare fiducia e speranza per Genova, dopo il crollo del ponte Morandi, parla l’arcivescovo del capoluogo ligure, il cardinale Angelo Bagnasco, che è anche presidente del Consiglio delle conferenze episcopali europee, indicando la solidarietà come la cifra comune che cercano le città del Vecchio continente.

Un lavoro prezioso, quello fatto dall’Ucsi, perché, come Papa Francesco ha ricordato al Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti, “ci sono poche professioni che hanno tanta influenza sulla società come quella del giornalismo. Il giornalista riveste un ruolo di grande importanza e al tempo stesso di grande responsabilità. In qualche modo voi scrivete la ‘prima bozza della storia’, costruendo l’agenda delle notizie e introducendo le persone all’interpretazione degli eventi. E questo è tanto importante. I tempi cambiano e cambia anche il modo di fare il giornalista. Sia la carta stampata sia la televisione perdono rilevanza rispetto ai nuovi media del mondo digitale, specialmente fra i giovani, ma i giornalisti, quando hanno professionalità, rimangono una colonna portante, un elemento fondamentale per la vitalità di una società libera e pluralista”.

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