Lotta all’accattonaggio molesto e carcere per chi si serve di minori per esercitare l’attività illegale di parcheggiatore abusivo. Confermati e, in alcuni casi, inaspriti i tagli all’accoglienza e alla concessione della protezione internazionale per i migranti che attraversano i confini italiani. Sono queste alcune delle novità contenute dal maxiemendamento al dl Sicurezza approvato dal Senato e che torna così alla Camera per l’ok definitivo. Provvedimento con cui, ha dichiarato Matteo Salvini, “vorrei regalare a questo Paese un po’ di regole e un po’ di ordine”, ma che dalle opposizioni è già stato definito “pericoloso, insufficiente, illiberale”. Con critiche che arrivano anche dai cinque senatori dissidenti dei 5 Stelle, che sono usciti dall’Aula al momento del voto: “Gravi lesioni all’ordine giuridico e alla sicurezza dei cittadini”, ha dichiarato Gregorio De Falco.

Torna il reato di accattonaggio molesto
Nel testo del maxiemendamento, precisamente al nuovo articolo 21-bis, l’esecutivo Lega-M5s ha previsto la reintroduzione nel codice penale del “delitto di esercizio molesto dell’accattonaggio”. Il reato di accattonaggio era stato eliminato nel 1999, dopo che la Corte Costituzionale aveva ravvisato elementi di incostituzionalità nel primo comma, in cui era previsto il carcere fino a 3 mesi per chi “mendica in luogo pubblico o aperto al pubblico”. La Consulta aveva stabilito che non poteva costituire reato la semplice richiesta d’aiuto economico.

Per questo, nel provvedimento si recupera il secondo comma dell’ex articolo 670, non considerato incostituzionale, in cui era previsto il carcere “se il fatto è commesso in modo ripugnante o vessatorio, ovvero simulando deformità o malattie, o adoperando altri mezzi fraudolenti per destare l’altrui pietà”. Nel nuovo testo si legge infatti che “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque esercita l’accattonaggio con modalità vessatorie o simulando deformità o malattie attraverso il ricorso a mezzi fraudolenti per destare l’altrui pietà è punito con la pena dell’arresto da 3 a 6 mesi e con l’ammenda da euro 3mila a euro 6mila”. Con pene maggiori se il reato viene compiuto servendosi di minori: reclusione da 1 a 3 anni.

Carcere per i parcheggiatori abusivi con minori
Collegate a questa norma e inserite sempre all’interno dell’art. 21-bis si trovano le nuove “disposizioni in materia di parcheggiatori abusivi”. Le sanzioni amministrative per coloro che esercitano senza autorizzazione l’attività di parcheggiatore o di guardiamacchine rimangono quasi le stesse di quelle previste dal comma 15-bis dell’art. 7 del Codice della strada: da 771 a 3.101 euro che diventano da 2mila a 7mila nel caso di reiterazione del reato dopo sentenza definitiva o di uso di minori nello svolgimento dell’attività illegale. La novità sta nell’introduzione, per il coinvolgimento di minori o per la reiterazione del reato, del carcere da 6 mesi a 1 anno.

Maggiore stretta sulla protezione umanitaria
Sul fronte immigrazione, le principali novità introdotte nella prima versione del testo rimangono anche dopo l’approvazione del maxiemendamento: abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, via la cittadinanza in caso di reati legati al terrorismo, sospensione della domanda di asilo in caso di pericolosità sociale e condanna in primo grado, durata massima del trattenimento degli stranieri nei Centri di permanenza per il rimpatrio che passa da 90 a 180 giorni e sistema Sprar riservato solo a titolari di protezione internazionale e non ai richiedenti asilo.

A queste disposizioni se ne aggiungono altre. Ad esempio, l’ampliamento della lista dei reati che in caso di condanna provocano la negazione o la revoca della protezione internazionale. Tra questi ci sono reati gravi e violenti, come la violenza sessuale, lesioni gravi, rapina, violenza a pubblico ufficiale, mutilazioni sessuali, furto aggravato e traffico di droga. Ma nell’ultima versione viene inserito anche il reato di furto in abitazione, anche non aggravato.

L’elenco dei Paesi (o delle zone) sicuri
Non è detto che un soggetto proveniente da un Paese in guerra o in cui è riuscito a dimostrare di aver subito persecuzioni, violenze o dove le sue incolumità e sicurezza sono a rischio riesca a ottenere la protezione internazionale. Secondo le modifiche apportate all’articolo 10 del decreto, l’Italia “rigetta la domanda se, in una parte del territorio del Paese d’origine, il richiedente non ha fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corre rischi effettivi di subire danni gravi o ha accesso alla protezione contro persecuzione o danni gravi e può legalmente e senza pericolo recarvisi ed essere ammesso e si può ragionevolmente supporre che vi si stabilisca”. Per fare un esempio, se in un Paese in conflitto venisse individuata un’area o regione sicura e non coinvolta, nessun richiedente asilo proveniente da quel Paese, con la premessa che la valutazione della protezione internazionale è sempre soggettiva e non relativa allo Stato di provenienza, potrebbe ottenere l’asilo in Italia. Verrebbe riportato in quella zona considerata sicura.

A favorire questo processo interviene un altro nuovo articolo contenuto nel testo, il 7-bis, che elenca le “disposizioni in materia di Paesi di origine sicuri e manifesta infondatezza della domanda di protezione internazionale”. In questo articolo, tra le altre cose, si introduce “l’elenco dei Paesi sicuri”, cioè i Paesi non Ue in cui esiste un sistema giuridico applicato in un ambito democratico, dove si può dimostrare che non esistano, “in via generale e costante, atti di persecuzione, tortura o altre forme di trattamento inumano o degradante, né pericoli di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto”. Designazione che può essere fatta, appunto, escludendo alcune parti del territorio. Questa lista sarà continuamente aggiornata con le informazioni raccolte dalla Commissione Nazionale per il diritto d’asilo che potrà avvalersi di report di organizzazioni e istituzioni internazionali riconosciute. Si specifica, però, che uno Stato può essere considerato sicuro solo per una persona che è cittadina di quel Paese o per un apolide che vi ha soggiornato abitualmente, salvo che questa dimostri la sussistenza di un pericolo per la sua incolumità. Tradotto: non sarà possibile rimpatriare, ad esempio, immigrati provenienti dall’Africa sub-sahariana nell’ultimo Paese di transito, ad esempio Libia, Tunisia o Egitto, anche se con esso si sono stipulati accordi bilaterali.

Nello stesso articolo, poi, si elencano anche le condizioni che portano a considerare infondata la domanda di protezione internazionale: se il soggetto solleva questioni non attinenti alla protezione internazionale, se viene da un Paese nella lista di quelli considerati sicuri, se ha rilasciato dichiarazioni false o contraddittorie, se ha volutamente falsificato o distrutto documenti d’identità, se è entrato illegalmente e non ha provveduto a inoltrare il prima possibile la domanda di protezione, se rifiuta l’esame delle impronte digitali.

Carcere per i rimpatriati che rientrano illegalmente nel Paese
Nel nuovo art. 5-bis, il maxiemendamento prevede un inasprimento delle pene per coloro che, già rimpatriati, rientrano illegalmente nel Paese. Chi verrà rintracciato all’interno dello Stato dopo un provvedimento di espulsione e senza un permesso emesso dal Ministero dell’Interno, obbligo, quest’ultimo, che può protrarsi da un minimo di 3 a un massimo di 5 anni dal rimpatrio, rischia da 1 a 4 anni di carcere e l’espulsione immediata. In caso di ulteriore reiterazione, gli anni di reclusione passano da 1 a 5.

Per questi reati è previsto, si legge in aggiunta al testo originario, l’obbligo di arresto del soggetto, anche se non in flagranza di reato. Inoltre, il decreto prevede che il divieto di rientro venga registrato nel sistema di informazione Schengen. Questo si traduce in un ampliamento del divieto che riguarderà non soltanto il territorio nazionale ma quello “degli Stati membri dell’Unione europea, nonché degli Stati non membri cui si applica l’acquis di Schengen”.

Certificazione B1 della lingua italiana per ottenere la cittadinanza
Nonostante i tagli all’accoglienza che, tra le altre cose, non obbligheranno più gli operatori a tenere corsi di lingua italiana, nel maxiemendamento si inserisce una nuova clausola per coloro che, una volta stabilitisi nel Paese, vogliano ottenerne anche la cittadinanza: la comprovata e certificata conoscenza della lingua italiana almeno al livello B1.

Twitter: @GianniRosini

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