In uno dei più bei film di Woody Allen, Radio Days, c’è una sequenza indimenticabile. Ne è protagonista zia Bea, la zia del narratore, alter ego del regista ancora bambino. La giovane donna non è molto fortunata in amore e quella sera del 30 ottobre 1938 ha uno dei suoi appuntamenti galanti destinati a finire male. Esce con il corpulento signor Manoulis, benestante e un po’ spaccone che, dopo una cena a base di ostriche e birra, la conduce sulla sua auto in un luogo appartato.

Per creare la giusta atmosfera l’intraprendente giovanotto accende la sua autoradio alla ricerca della musica giusta. Ma la musica all’improvviso scompare per lasciare spazio a un’edizione straordinaria dei programmi di informazione. Quale sia il programma in questione è ben noto. Così come è noto – a noi – che il programma non era affatto “di informazione”. A noi, ma non al signor Manoulis che se la dà a gambe lasciando zia Bea sola a vivere l’ennesima delusione.

Peraltro la reazione dell’incauto seduttore del film fu la stessa di molti americani che si riversarono realmente nelle strade atterriti dall’annuncio dell’invasione extraterrestre con notevoli gravi conseguenze. Tanto che la Cbs che aveva organizzato lo scherzo fu costretta a pubbliche scuse nei giorni successivi. Insomma, al di là dell’irresistibile comicità che suscita il racconto di Woody Allen, ci sono faccende molto serie e interessanti in quell’episodio.

Proviamo a ricostruirlo. All’origine c’è un programma, anzi una serie, il Mercury Theatre on Air, cioè la trasposizione in forma radiofonica di famosi romanzi che il network aveva affidato a un giovane e geniale attore-regista, Orson Welles. Il programma andava in onda con cadenza mensile da più di un anno e da settembre occupava un posto importante del palinsesto, le 8 di sera della domenica, decisamente un prime time.

Si trattava, dunque, di un prodotto di fiction con un po’ di divulgazione culturale, visto che faceva conoscere agli ascoltatori della buona letteratura, come Hukleberry Finn o The magnificent Amberson. Era più o meno la stessa operazione che la tv italiana avrebbe fatto anni dopo con quello che si chiamò “sceneggiato”. Erano sceneggiati radiofonici. Ma quella sera la forma tradizionale della versione radiofonica del romanzo non convinceva Welles nell’adattamento del testo del suo quasi omonimo: La guerra dei mondi di H.G. Wells. E da lì ebbe origine il colpo di genio con le sue imprevedibili conseguenze.

Welles decise di usare nella versione radiofonica del romanzo non i codici consueti della fiction ma quelli dell’informazione introducendo l’interruzione improvvisa di un altro programma, inserendo figure tipiche dei testi di informazione come l’inviato, il testimone, l’esperto e creando una forma di contaminazione in un contesto, quello della radio classica, che teneva i generi ben distinti. La genialità e il punto delicato dell’operazione sta in questa sovrapposizione di codici di genere. Era la notte di Halloween e si sa, come a carnevale, ogni scherzo vale. Ma lo scherzo era pesante, perché agiva sul piano del linguaggio mediatico e della sua decodificazione.

L’informazione riguarda la realtà, il vero, ciò che accade realmente a differenza della fiction che ci parla di vicende immaginarie. Ma a far riconoscere un programma come informativo e quindi dedicato alla realtà, al vero è l’uso dei suoi codici specifici. Violare questa semplice, banale regola non scritta ma radicata nella cultura di massa, contaminando gli ambiti è spesso occasione di geniale creatività, come nel caso di Welles, ma anche un’operazione delicata che richiede competenze a chi la produce e al suo destinatario.

Articolo Precedente

Siae, l’Antitrust ha smascherato il monopolio. Ora però tocca al governo

next
Articolo Successivo

Audiweb 2.0, la classifica di agosto 2018: ilfattoquotidiano.it è terzo tra i quotidiani e quinto in assoluto

next