A poco più di dieci giorni dalla visita ufficiale a Mosca del ministro degli Esteri italiano Enzo Moavero Milanesi, è il premier Giuseppe Conte a varcare la soglia del Cremlino per presentarsi alla corte di Vladimir Putin. Conte è arrivato nella capitale russa nel tardo pomeriggio del 23 ottobre, poco dopo la bocciatura della Commissione europea del Documento programmatico di bilancio presentato il 15 ottobre dal governo italiano. Ed è proprio la manovra al centro del breve discorso del premier durante il punto stampa organizzato con giornalisti e staff diplomatico presso il Consolato Generale.

Prima degli incontri con Medvedev e con Putin, il premier ha fatto visita a due importanti fiere in programma all’Expocentre di Mosca intervenendo davanti agli imprenditori del settore calzaturiero complimentandosi con loro come ambasciatori del Made in Italy, nonostante le difficoltà registrate negli ultimi anni. Anche per effetto delle sanzioni, alle quali Conte fa riferimento dichiarando di aver “da subito mostrato una particolare sensibilità“. “Non possono costituire un fine – spiega – ma al più un mezzo per cercare di impostare la risoluzione di divergenze, di vertenze che comunque meritano di essere avviate a soluzione attraverso un proficuo dialogo”.

“Se sono qui oggi in visita ufficiale è perché voglio evidentemente testimoniare al presidente Putin la costante disponibilità dell’Italia al dialogo”, ha poi aggiunto davanti la folla prima del faccia a faccia con il presidente russo.

Tanti gli argomenti sul tavolo della Sala verde del Grande Palazzo del Cremlino – alla presenza dei ministri russi degli Esteri, Sergey Lavrov, e di Industria e Commercio, Denis Manturov, del consigliere presidenziale per la politica estera, Yurij Ushakov, del consigliere diplomatico italiano, Pietro Benassi, e l’ambasciatore a Mosca, Pasquale Terracciano. Lo scambio di opinioni ha avuto luogo su temi di attualità della cooperazione bilaterale nei settori commerciale, economico, energetico, degli investimenti, culturale e umanitario. Senza dimenticare la situazione in Siria e Libia, nonché l’interazione dei due paesi nell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), tenendo conto della presidenza italiana nel 2018.

Aprendo gli onori di casa, è Putin a precisare che nonostante i tempi difficili i due Paesi non abbiano mai perso un alto livello di contatti politici. Sebbene il volume dei legami commerciali ed economici rimanga molto alto, l’Italia è ora al quinto posto in termini di fatturato nella Federazione Russa, con cinquecento aziende impegnate sul territorio russo, ha commentato Putin, seguito poi dalla garanzia di Conte e la volontà del governo italiano di “sostenere le aziende intenzionate a intensificare la cooperazione industriale con partner russi, ad avviare nuove joint venture, attraverso investimenti nel paese, e trasferimenti di tecnologia”, rendendosi disponibili anche a partecipare a nuovi progetti di sviluppo.

“Siamo consapevoli che la Russia sa di trovare nelle imprese italiane, tradizionalmente fornitrici di prodotti finiti, degli ottimi partner”, ha aggiunto Conte, secondo cui quindi “rafforzare le relazioni commerciali e industriali è quasi un dovere, tenuto conto della naturale complementarietà delle economie italiana e russa”.

A supporto delle parole di Conte in terra russa anche uno dei suoi vice, Matteo Salvini, a Mosca la scorsa settimana per incontrare centinaia di imprenditori italiani. Nel regime sanzionatorio di questi quattro anni, come sottolineato anche da Putin, la posizione dell’Italia per interscambio con la Russia ha subito dei cambiamenti e c’è anche chi ha dovuto abbandonare il mercato russo, come Parmigiano Reggiano. Al momento dell’entrata in vigore dell’embargo, le esportazioni della società in Russia ammontavano a circa 8-10mila forme all’anno, per un valore export di circa 5-6 milioni di euro.

“Il mercato russo era certamente interessante in termini di margini. Crediamo tuttavia che il vero danno dell’embargo non siano i 5-6 milioni di euro di export persi, ma l’opportunità che ci è sfuggita in questi anni: al momento dell’entrata in vigore i consumi di Parmigiano Reggiano erano in rapida espansione, e, senza embargo, oggi nel 2018 saremmo arrivati certamente ad almeno 20-25mila forme esportate (circa 15 milioni di euro),” spiega a ilfattoquotidiano.it Riccardo Deserti, direttore del Consorzio Parmigiano Reggiano. “Quando finirà l’embargo, l’obiettivo del Parmigiano Reggiano dovrà essere di arrivare in 4-5 anni ad un volume di export in Russia tra le 30 e le 40mila forme”, continua Deserti, spiegando quali siano stati i reali danni di profittabilità del formaggio famoso in tutto il mondo.

In una previsione di abolizione delle sanzioni, l’azienda italiana punterà soprattutto ad un incremento di comunicazione e promozione, continuando a criticare gli esperimenti degli ultimi anni di produzioni casearie in loco: “Pensiamo che sia una pericolosa operazione di disturbo ma allo stesso tempo, appena si riaprirà il mercato, potremo lavorare per rilanciare la domanda. I formaggi ‘duri russi’ non sono comparabili per gusto e qualità al Parmigiano Reggiano. Per questo motivo appena riaperto il mercato sarà importante un investimento straordinario in comunicazione per rilanciare e riposizionare il prodotto nelle scelte dei consumatori. Questa potrebbe essere una misura di sistema Italia per i prodotti penalizzati dall’embargo”, conclude Deserti.

In un paese grande come la Russia c’è chi però non si è limitato solo a sperimentare, facendo di necessità un business profittevole e di qualità. Altagamma ne è un esempio: l’azienda nata nel 2013 e specializzata nell’importazione e distribuzione di prodotti italiani di nicchia in Russia, con l‘introduzione delle sanzioni ha visto l’esigenza di avere un prodotto fresco caseario non solo nei ristoranti ma anche a portata di tutti. Insieme alla prestigiosa catena russa di supermercati Globus Gourmet, nel 2015 sono cominciate le produzioni in loco, portando manovalanza italiana. Nonostante le prime difficoltà avute nel reperire le materie prime per una produzione costante e di qualità, oggi l’azienda produce in tre città – Mosca, San Pietroburgo e Ekaterinburg – e presto sarà presente in una quarta: “Negli ultimi anni siamo cresciuti tantissimo anche grazie alla collaborazione di molti chef di prestigio che operano sul territorio. Abbiamo avuto la possibilità di avere un confronto quotidiano nel migliorare la struttura del prodotto stesso”, spiega a ilfattoquotidiano.it Donato Parisi, socio fondatore di Altagamma. Anche per Parisi, se le sanzioni finissero, consentirebbero prima di tutto la possibilità di distribuire prodotti difficili da produrre in loco come formaggi stagionati e prosciutti, ma per il discorso della produzione di quelli freschi, è ormai difficile per le imprese italiane riaprire e importare dall’Italia.

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