Era il più sorridente di tutti il ministro dell’Interno bavarese, Horst Seehofer (Csu), quando, insieme ai colleghi del Lavoro, Hubertus Heil (Spd), e dell’Economia, Peter Altmaier (Cdu), presentava in conferenza stampa l’accordo trovato in seno alla coalizione di governo tedesca sulla legge sull’immigrazione. A meno di due settimane dal voto in Baviera, la Csu ha vinto il suo braccio di ferro con la cancelliera Angela Merkel e con la Spd: Seehofer ha potuto presentare ai suoi elettori una legge che incentiva e regolamenta l’arrivo di forza lavoro qualificata dai Paesi non Ue, ma allo stesso tempo non cambia di una virgola la posizione di chi entra in Germania irregolarmente. O hai diritto all’asilo, oppure scatta il rimpatrio – salvo alcune eccezioni ancora da definire – anche se nel frattempo lavori e hai imparato il tedesco.

È stato lo stesso ministro socialdemocratico Heil a dover ammettere che “non è previsto alcun passaggio dalla procedura di asilo al mercato del lavoro”. Una vittoria della Csu sul punto principale su cui mancava l’intesa. I rifugiati rimangono fuori dalla nuova legge, perché viene mantenuto il principio della separazione tra i due canali di arrivo: richiesta di asilo e migrazione per lavoro. L’unica apertura è la previsione di uno status di “tollerato” per coloro che “garantiranno il proprio sostentamento attraverso un impiego e sono ben integrati”, ha spiegato lo stesso Seehofer. Verranno “tollerati” i richiedenti asilo respinti che, per esempio, non possono essere rimpatriati perché sono troppo malati per viaggiare o perché il loro paese d’origine si rifiuta di riprenderli.

Nonostante questo compromesso, in sostanza hanno prevalso Seehofer e la Csu che hanno respinto con veemenza quello che la stampa tedesca definisce il “cambio di corsia”. Il loro timore era di creare falsi incentivi per la migrazione. A chiedere invece di sancire la possibilità di passare dalla procedura di asilo al mercato del lavoro era soprattutto la Spd, ma anche una parte della Cdu e in particolare il primo ministro del Land Schleswig-Holstein, Daniel Günther.

“Sono proprio felice”, ripeteva invece martedì in conferenza stampa Seehofer, mentre usava toni cordiali con i due alleati di governo e parlava di un “silenzioso consenso” sulla sua proposta. I bavaresi hanno ottenuto ciò che volevano, almeno nella presentazione dei punti chiavi della legge. Rimangono in realtà ancora molte cose da chiarire, soprattutto quali e quanti richiedenti asilo respinti potranno ottenere lo status di residenti “tollerati” in futuro. Ma il tempo per fare delle concessioni a Spd e Cdu arriverà durante la vera e propria stesura del testo che al più presto verrà presentato a fine ottobre, quando la prova delle urne in Baviera sarà ormai alle spalle. Inoltre, Seehofer ha potuto dimostrare alla parte più moderata del suo elettorato che la Csu è ancora in grado di essere un partito di governo. Nella Grosse Koalition sembra improvvisamente essere scoppiata la pace, con l’intesa sull’immigrazione accompagnata a quella sul tema diesel. La lite, proprio sui migranti, tra il ministro e la Merkel? Solo un lontano ricordo. Lo scontro, sempre con la cancelliera, sui fatti di Chemnitz e il caso Maassen? Tutto cancellato con un colpo di spugna.

Visto che fare la voce grossa sull’immigrazione non ha fatto altro che aumentare i consensi per l’ultradestra dell’Alternative für Deutschland, ora la Csu si vuole presentare come il partito della “ragione”. Con buona pace della Merkel, all’apparenza spettatrice di questo cambiamento, che in questo momento di debolezza è soprattutto contenta di incassare l’immagine di una coalizione di governo rinsaldata e nuovamente produttiva. Non a caso “concreto”, “realistico” e “pragmatico” sono state le parole d’ordine utilizzate fino allo sfinimento dai tre ministri della maggioranza durante la presentazione dell’accordo. Un’intesa che, per via della forzatura della Csu, porterà a una legge che regolamenta di fatto solo la migrazione per il mercato del lavoro, ma non è un testo globale sull’immigrazione. La grande novità è che non più solo gli accademici, ma anche i lavoratori qualificati originari di Paesi non Ue, cioè coloro che hanno ricevuto una semplice formazione professionale, potranno venire in Germania per un periodo di sei mesi per cercare lavoro. Ma dovranno conoscere il tedesco e provvedere loro stessi al proprio sostentamento. Con un’ulteriore difficoltà: non potranno accettare un impiego inferiore alla qualifica per la quale sono stati selezionati.

L’obiettivo è garantire nuova forza lavoro ai settori dell’economia tedesca che più soffrono la carenza di personale qualificato. Già oggi molte aziende non riescono più a occupare posti vacanti e secondo le stime dell’Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung circa 400mila persone dovranno arrivare ogni anno in Germania per compensare il problema. Per raggiungere queste cifre, la legge prevederà il coinvolgimento di ambasciate, istituto Goethe, Camera di commercio e altri enti, con lo scopo di facilitare il riconoscimento delle qualifiche professionali e l’apprendimento del tedesco.

Questa legge però, se nel suo impianto riconosce il problema dei richiedenti asilo respinti che restano in Germania, e quindi il fallimento della politica dei rimpatri, allo stesso tempo decide di non affrontarlo. La più importante concessione ottenuta dalla Spd in questo senso è l’allargamento a livello nazionale della regola del “3+2”. La norma stabilisce che giovani senza diritto di asilo possano comunque rimanere in Germania per tutta la durata della loro formazione professionale triennale e in seguito altri due anni, prima di essere rimpatriati. La concessione di questo status però è a discrezione del giudice. E lo stesso Seehofer ha ammesso, questa volta piegandosi alla linea socialdemocratica, che sono auspicabili “criteri più generosi”.

Tuttavia, per ora questo approccio è ancora piuttosto restrittivo e, soprattutto, è interpretato in modo molto arbitrario, a discrezione delle autorità per l’immigrazione. Non a caso i criteri più stringenti vengono applicati proprio in Baviera. Nell’ultimo periodo in Germania hanno fatto discutere le segnalazioni di persone prelevate improvvisamente dal loro luogo di lavoro per eseguire il provvedimento di rimpatrio, di fronte alla totale incomprensione di colleghi e datori di lavoro che hanno perso improvvisamente un dipendente già formato e qualificato. Ora potranno rimpiazzarli con nuovi lavoratori stranieri che, come unica differenza, hanno scelto un altro canale per arrivare in Germania.

Articolo Precedente

Trump, Stato di New York indaga su accuse di elusione fiscale dopo inchiesta Nyt. Lui: ‘Mi attaccano, ma storia vecchia’

next
Articolo Successivo

Bolivia sconfitta a L’Aja: il Cile non sarà obbligato a negoziare sull’accesso al mare. Evo Morales: “La lotta prosegue”

next