Crediamo che ben pochi tra gli italiani che sostengono il governo autoproclamatosi del cambiamento abbiano ancora voglia di avere a che fare con Silvio Berlusconi o uno dei suoi cloni. Matteo Salvini per decenza istituzionale e convenienza politica deve per questo capire che l’unico modo per apparire diverso da molti governanti del passato è quello di tacere davanti alle iniziative della magistratura. È la legge che dà ai pubblici ministeri il potere-dovere di aprire le inchieste. Ma è sempre la legge (e la Costituzione) a dire che spetta ai giudici (e non ai pm) stabilire se i comportamenti di qualsiasi cittadino violino il codice penale. Ora visto che Salvini, e tutto governo, si dicono convinti di aver rispettato ogni norma nel caso dei migranti della nave Diciotti, mentre parte dell’opposizione e dell’opinione pubblica affermano il contrario, il ministro dell’Interno ha davanti a sé un’occasione storica: un tribunale dei ministri che ci dirà se ha davvero ragione.

I pochi precedenti in materia giocano a suo favore e in ogni caso anche in caso di richiesta di autorizzazione a procedere da parte dei giudici sarà il Parlamento a decidere la sua sorte. Dal punto di vista pratico, nonostante la pesantezza delle accuse, Salvini non rischia nulla. O meglio rischia solo che le toghe del tribunale dei ministri finiscano per zittire con un’archiviazione le tesi delle opposizioni e della procura. Se invece gli daranno torto resterà libero, in carica, e non verrà, salvo voto a favore del Parlamento, nemmeno processato. Mantenendo, o addirittura aumentando, il consenso dei suoi sostenitori.

Anche i fan più sfegatati di Salvini dovrebbero essere contenti di questa procedura. Perché sapere che in Italia esiste un potere terzo in grado di verificare eventuali abusi di un qualsiasi governo è cosa che deve renderci tutti più tranquilli.

Per capirlo basta poco. Un domani il 51 per cento dei cittadini elegge un Esecutivo che decide di incarcerare chiunque abbia votato Salvini. Il nuovo ministro ordina alla polizia di procedere con le manette. La magistratura interviene e contesta l’abuso di potere e una sfilza di reati. Gli arresti illegali si interrompono. È dunque evidente, qualunque sarà l’esito del procedimento attuale davanti al tribunale dei ministri, che questo sistema garantisce tutti. E che al suo interno prevede tutti meccanismi necessari per correggere i propri errori.

Oggi invece Salvini, come faceva Berlusconi, ci ricorda che lui è stato eletto e i magistrati no. E allora? La Costituzione dice che la legge è uguale per tutti e lo fa anche per evitare gli abusi di chi è pro tempore al potere. Se non lo facesse si finirebbe per affermare che chi è stato eletto è libero di delinquere al contrario dei suoi elettori.

Proprio seguendo questa logica Berlusconi tentava di non farsi processare per reati comuni. A Salvini pare una bella cosa? Oppure pensa che gli eletti in Parlamento accusati per esempio di tangenti, possano credibilmente protestare dicendo: ma io sono stato votato?

Di sicuro questi comportamenti non piacciono alla maggioranza degli elettori. Se il ministro non ha ancora capito come la Costituzione gli imponga di svolgere il suo incarico con disciplina e onore, almeno dovrebbe comprendere che il consenso popolare verso il politico che gioca a fare la vittima è destinato a ridursi velocemente. Perché un Berlusconi lo abbiamo già sperimentato, e ben pochi in Italia sentono il bisogno di provarne un altro.

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