Il presidente della Rai non sarà Marcello Foa. La proposta del ministero del Tesoro – su indicazione di M5s e Lega – per il vertice della tv pubblica è stata respinta dal voto – vincolante – della commissione parlamentare di Vigilanza, nella quale Foa ha raccolto solo 22 voti sui 27 richiesti dal quorum dei due terzi. A favore hanno votato Cinquestelle, Lega e Fratelli d’Italia, ma non è stato sufficiente perché Pd, Liberi e Uguali e Forza Italia non hanno partecipato alla votazione, dopo un accordo preso poco prima della riunione a Palazzo San Macuto. “Prendo atto con rispetto della decisione della commissione di Vigilanza della Rai – commenta il presidente mancato, Foa – Come noto, non ho chiesto alcun incarico nel consiglio che mi è stato proposto dall’azionista. Non posso, pertanto, che mettermi a sua disposizione invitandolo a indicarmi quali siano i passi più opportuni da intraprendere nell’interesse della Rai”. Nel pomeriggio, il cda di viale Mazzini ha preso atto dello stop alla nomina di Foa e ha aggiornato la discussione a giovedì.

Una possibilità, ora, può essere quella di ricominciare a tessere un accordo nel centrodestra e puntare sul nome di Gianpaolo Rossi, uno dei consiglieri votati dal Parlamento, vicino a Fratelli d’Italia ed ex presidente di Rainet. L’atteggiamento “collaborativo” del partito di Giorgia Meloni in commissione – ha votato, al contrario delle altre minoranze – potrebbe essere un seme da coltivare. Ma nel frattempo almeno una parte della maggioranza sembra intenzionata a spingere Foa a rimanere al suo posto, di far valere il ruolo di “consigliere anziano” (i suoi 55 anni sono l’età più avanzata nel nuovo cda a 7) in attesa che la commissione di Vigilanza trovi un accordo (che regga alla prova dei voti).

Anche se Luigi Di Maio, parlando in commissione Lavori Pubblici, ha spiegato che “se ci sarà un’intesa tra le forze politiche su Foa è auspicabile che torni, altrimenti sono le forze politiche che siedono in commissione, nella loro interlocuzione, che possono trovare un’alternativa“. “Il governo – ha aggiunto – non può ignorare la commissione di Vigilanza Rai: se ci sarà un’intesa intorno al nome di Foa per me è auspicabile che torni in commissione di Vigilanza, se non c’è è chiaro che non può tornare“. La terza ipotesi gira attorno a un accordo istituzionale che porti all’unanimità sull’elezione di Riccardo Laganà, consigliere eletto dall’assemblea dei dipendenti della Rai che ancora oggi ha chiesto che “come dipendenti vorremmo che i partiti fossero fuori da queste dinamiche”. E sia l’Usigrai che alcune voci del Pd iniziano a spingere in questa direzione.

Dalle parti della maggioranza, dopo il voto, se la prendono soprattutto con le opposizioni. “Volevamo la Rai del cambiamento, l’opposizione ha detto no” commenta Gianluigi Paragone, capogruppo M5s in commissione di Vigilanza. “Mi auguro – aggiunge – che Foa non si dimetta”. Per l’ex conduttore televisivo e ora senatore “il patto del Nazareno regge sulle televisioni, questo è il voto di una minoranza ed è una scelta politica”. Il Pd esulta: “Vogliono una Rai asservita ai comandi di Salvini e della Casaleggio – dice il segretario Maurizio Martina – Il Parlamento ha detto no. La commissione di Vigilanza ha fermato questo scempio orchestrato per avere un presidente funzionale ai voleri dei nazionalpopulisti“.

Ma il confronto più duro, se possibile, è tra Lega e Forza Italia, con i berlusconiani che sembrano aver fatto saltare tutti i canali di diplomazia con gli alleati elettorali che però sono avversari in Parlamento. Secondo il Corriere.it (ma poi è arrivata la conferma da una nota della Lega) il ministro Matteo Salvini in persona si è recato alle 8 del mattino – mezz’ora prima della votazione su Foa – da Silvio Berlusconi all’ospedale San Raffaele, a Milano, dove il leader di Forza Italia aveva in programma un trattamento di ossigenazione del sangue. Da una parte, quindi, i capigruppo della Lega Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo si dicono “dispiaciuti dell’asse Pd-Fi che cerca di fermare il cambiamento, sia del Paese che della Rai. Dal Pd non ci aspettiamo nulla, con Fi invece siamo pronti a confrontarci perché sicuri che anche la Rai abbia bisogno di aria nuova, cambiamento, qualità e meritocrazia. Siamo convinti che i fraintendimenti di questi giorni sul metodo, più che sul merito, possano essere superati”.

Ma Forza Italia risponde chiudendo la porta: l’indicazione è che l’iter deve ricominciare da zero. E non lascia cadere la polemica: “Altro che asse tra Pd e Fi sulla Rai – scrivono in una nota i capigruppo Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini – L’unico asse di cui siamo profondamente rammaricati è quello che si è creato in violazione della volontà popolare (e nello specifico in violazione dello spirito della legge sulla Rai) tra Lega e M5s”. “Il metodo – aggiunge Maurizio Gasparri – è stato sbagliato il candidato è stato bocciato. Pertanto va cambiato. In rima la capiscono tutti, la procedura è chiara, ce ne vuole un altro. Chi all’esame è stato bocciato faccia le sua valutazioni, lui e chi l’ha designato, noi abbiamo seguito la procedura”. Gelmini e Bernini ribadiscono che Forza Italia è sempre stata disponibile al confronto, ma “non è con le violazioni delle regole democratiche o con le imposizioni e le forzature che si realizza il cambiamento”.

Dopo lo stop della Vigilanza, Foa potrebbe dimettersi, seguendo l’esempio dell’ex Ragioniere generale dello Stato, Andrea Monorchio, che nel 2005, indicato presidente della tv pubblica e bocciato dalla Vigilanza, rinunciò a tutti gli incarichi a Viale Mazzini. Ma potrebbe anche restare in cda, facendo leva sul ruolo di “consigliere anziano” (a 55 anni è il più avanti in età tra i sette componenti del consiglio), contemplato dallo Statuto della Rai, ma già contestato dall’opposizione, in particolare da Michele Anzaldi del Pd che annuncia già ricorsi nell’eventualità che Foa resti come “supplente” fino all’elezione di un presidente nel pieno delle sue funzioni.

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