“Aspetti di criticità” che “pur non costituendo una palese violazione della legittimità costituzionale, suscitano forti perplessità“. A sottolinearli è il capo dello Stato Sergio Mattarella, in una lettera inviata al premier Giuseppe Conte per annunciargli di aver promulgato la legge di conversione del decreto terremoto che contiene “Ulteriori misure urgenti a favore delle popolazioni dei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016”. Il presidente rimette “alla valutazione del governo l’individuazione dei modi e delle forme di un intervento normativo idoneo a ricondurre a maggiore efficacia, in tempi necessariamente brevi, la disciplina in questione”.

E alla lettera hanno risposto in serata fonti della maggioranza, comunicando che il governo accoglierà i rilievi del presidente Mattarella. Le stesse fonti hanno anche sottolineato come le indicazioni giunte dal Colle siano comunque circoscritte all’art. 7 del dl. Si tratta, ricordano poi le fonti, di norme inserite con un emendamento della Lega che possono essere corrette con un intervento normativo di prossima approvazione.

I dubbi di Mattarella, si legge nella missiva, riguardano in particolare quattro punti dell’articolo 7 che riguarda gli interventi eseguiti “per immediate esigenze abitative“. Il nuovo testo “stabilisce al comma 1 che, nelle aree colpite dal terremoto e in deroga alla necessità della previa comunicazione all’amministrazione dell’avvio dei lavori, possono essere utilizzati, in sostituzione di immobili destinati ad abitazione principale e dichiarati inagibili, opere, manufatti leggeri, anche prefabbricati, e analoghe strutture, realizzati o acquistati nel periodo compreso tra il 24 agosto 2016 e la data di entrata in vigore della disposizione, purché amovibili e diretti a soddisfare esigenze contingenti e meramente temporanee. Si prevede altresì l’obbligo di demolire o rimuovere dette opere nonché di ripristinare lo stato dei luoghi entro novanta giorni dall’emanazione dell’ordinanza di agibilità dell’immobile distrutto o danneggiato”.

In più il comma 2 stabilisce “l’inapplicabilità delle sanzioni penali di cui all’articolo 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004), limitatamente al periodo di emergenza e comunque fino al novantesimo giorno dall’emanazione dell’ordinanza di agibilità dell’edificio distrutto o danneggiato” e il comma 3 prevede che ‘le ordinanze di demolizione e restituzione in pristino e le misure di sequestro preventivo emanate fino alla data di entrata in vigore della disposizione, per i lavori e le opere che rispettino le condizioni di cui al comma 1, sono inefficaci

I profili di criticità individuati dal presidente riguardano proprio i commi 2 e 3: nel primo “si stabilisce una inedita sospensione della punibilità, testualmente riferita solo alle sanzioni penali di cui all’art. 181 d.lgs. n. 42 del 2004, mentre nulla si prevede in riferimento ad altre fattispecie (in materia di edilizia, urbanistica e tutela di aree protette) che sovente ricorrono nelle ipotesi di realizzazione di opere in assenza delle prescritte autorizzazioni in zone soggette a vincoli. Pertanto, la ratio dell’intervento, volta a consentire l’utilizzo temporaneo di tali manufatti, potrebbe essere vanificata dalla possibile configurabilità di altre responsabilità penali non precluse da questa norma”. Inoltre, “la opportuna limitazione temporale dell’inapplicabilità delle sanzioni prevede quale termine finale il ‘novantesimo giorno dall’emanazione dell’ordinanza di agibilità dell’edificio distrutto o danneggiato’- scrive il capo dello Stato – . Tale evento, tuttavia, potrebbe non verificarsi mai, come ad esempio nel caso di assegnazione di una diversa soluzione abitativa rispetto a quella originaria, determinando, di fatto, la protrazione della inapplicabilità sine die e il conseguente utilizzo perpetuo dell’immobile ‘abusivo’, che diverrebbe, in tal modo, una seconda abitazione. La disciplina andrebbe quindi opportunamente rivista al fine di escludere le conseguenze prima esposte”.

Infine “il comma 3 prevede l’’inefficacia’ – oltre che dei provvedimenti amministrativi – anche del sequestro preventivo. La disposizione risulta asistematica e lesiva della intangibilità ex lege dei provvedimenti giudiziari, sottraendo alla magistratura la esclusiva competenza a valutare i presupposti per il permanere delle misure di sequestro (articoli 321 e 355 c.p.p.). Peraltro, la norma contempla il solo sequestro preventivo, non prendendo in considerazione quello ”probatorio” (art. 354 c.p.p.), che ben può essere disposto in caso di attività edilizia svolta in assenza delle necessarie autorizzazioni. Tanto Le rappresento, rimettendo alla valutazione del governo l’individuazione dei modi e delle forme di un intervento normativo idoneo a ricondurre a maggiore efficacia, in tempi necessariamente brevi, la disciplina in questione”, si conclude la lettera di Mattarella.

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