Donald Trump ormai è convinto di creare una “forza spaziale” come una nuova branca delle forze armate statunitensi per sostenere il predominio americano nello spazio. Il presidente che pianifica un ritorno sulla Luna e una missione su Marte, vuole superare la Cina e la Russia nella corsa allo Spazio. L’idea, seppur eclettica, ha provocato una serie di parodie sul web.

“Lo Spazio è un dominio proprio come la terra, l’aria e il mare. Quando si tratta di difendere l’America, non basta avere semplicemente una presenza americana nello Spazio. Dobbiamo avere il dominio americano nello Spazio”, ha dichiarato Trump lunedì 18 giugno prima di una riunione dello Us space council, un organismo creato nel 1989 da George H. W. Bush, poi sciolto nel 1993 e reistituito nel giugno 2017 dallo stesso Trump. “Con la presente sto dando istruzione al dipartimento della Difesa e al Pentagono di iniziare immediatamente il processo necessario per istituire una Space force come sesto ramo delle forze armate”.

Ma Trump non è l’unico leader politico a Washington a rimuginare l’idea di una forza spaziale. Nel giugno del 2017, un gruppo di parlamentari propose di dividere l’Air force in due rami distinti, uno dedicato all’aviazione e un secondo nuovo ramo dedicato proprio alle avventure spaziali. Facendo un po’ di dietrologia già Dwight Eisenhower creò due programmi spaziali separati: uno civile (la Nasa) e uno militare, molto meno conosciuto. Negli anni Sessanta i militari pensarono a una stazione spaziale dell’Air force in orbita, ma l’amministrazione di Richard Nixon bloccò tutto.

Quindi qualcosa di già vecchio, a dimostrazione che gli Stati Uniti – la nazione che in assoluto effettua i maggiori investimenti in campo spaziale – hanno teorizzato in dottrina militare il concetto di “Space control”, che rappresenta un obiettivo da perseguire anche al fine di impedire azioni avversarie che possano ledere gli interessi nazionali. Di sicuro c’è ad oggi la volontà di imporre in orbita una supremazia militare giustificata dalla necessità di impedire l’ingresso di apparati che in qualche modo possano mettere in pericolo gli enormi interessi militari e commerciali degli Usa nello Spazio.

Washington possiede infatti la rete satellitare più completa, che copre tutte le esigenze della Difesa – dall’osservazione della Terra (Eo) all’intelligence dei segnali e delle comunicazioni (Sigint), passando per la navigazione e il posizionamento globale (Gps) e l’allarme lontano (Ew). Per non parlare dei satelliti per telecomunicazioni (Satcom). Tutto questo dà alle Forze armate statunitensi un grande vantaggio. Di contro, però, questa superiorità in campo satellitare pone gli Stati Uniti in una posizione potenzialmente sfavorevole, specialmente perché Russia e soprattutto Cina stanno, indipendentemente, cercando di sviluppare tecnologie che possano garantire un first strike in campo spaziale.

Sul piano geopolitico è evidente come la posizione unipolare statunitense non risulti compatibile con quella di potenze spaziali come Cina e Russia, alle quali si uniscono quelle emergenti di Paesi di taglia variegata tra cui l’India, il Giappone e persino il Kazakistan, oltre all’Iran e ai Paesi europei guidati dalla Francia. Seppur appaia evidente che non c’è sovranità sulla Terra se non controlli anche lo Spazio, il ragionamento di Trump sulla Space force appare ancora nebuloso con compiti ancora da definire nel dettaglio con piloti specializzati che potrebbero essere sostituiti da un gruppetto di ingegneri in un centro di controllo a meno che alla fine non si tratti di una nuova diatriba tra la l’Air force e la Nasa, con la prima che cerca di saccheggiare i budget della seconda per ottenere maggiore tecnologia.

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