No al governatore del Lazio Nicola Zingaretti, no all’ex premier Paolo Gentiloni. E no anche al modello spagnolo di Ciudadanos e a quello francese di En Marche. Secondo il presidente del Pd Matteo Orfini, intervistato a “6 su radio 1“, per il ruolo di segretario del partito “quando ci sarà il congresso ci saranno altre candidature in campo”. L’obiettivo che i dem devono raggiungere è, secondo Orfini, la costruzione di “un’alleanza che va da Macron a Tsipras“, cioè “dare una cornice europea comune a questo campo largo di forze”.

Il presidente del Partito democratico, uscito con le ossa rotte dalle ultime amministrative, si dice contrario alla proposta di Zingaretti di estendere il “modello Lazio” al partito nazionale (allargando la partecipazione a tutta la sinistra, alle associazioni e a una rete di sindaci). “Mi pare si candidi ad oggi come nuovo leader della minoranza interna“, ha commentato Orfini a proposito del governatore, che ha ufficializzato la sua corsa per la segreteria con il sostegno di Andrea Orlando. Il suo è un “progetto sostanzialmente di ritorno al passato“, aggiunge il presidente dem.

“L’idea che per ricostruire il Pd dobbiamo rifare le coalizioni che tengano insieme D’Alema, Speranza fino a non so chi sul fronte moderato – continua Orfini – a me non sembra esattamente la soluzione, perché non ha funzionato in passato, non ha garantito qualità nell’azione di governo, e non mi sembra abbia funzionato nemmeno per le amministrative”. I numeri, però, sembrano dire il contrario. Alle elezioni Regionali del marzo scorso Zingaretti è riuscito a conquistare il secondo mandato da governatore del Lazio, mentre alle Comunali di giugno il modello civico messo in campo dai dem ha permesso di espugnare i municipi III e VIII di Roma.

Ma nel mirino di Orfini c’è anche l’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, a lungo (e da più parti) indicato come il candidato ideale del partito. “Non credo che Gentiloni e Zingaretti possano essere rappresentativi di tutte le opzioni in campo“, ha spiegato Orfini, che sembra chiudere la porta a una sua possibile candidatura alla segreteria. “Non ho idea di cosa pensi Gentiloni di questa fase perché ultimamente ha parlato poco, quindi ascolteremo quando vorrà il suo punto di vista”.

Quanto al futuro del Pd, Orfini non pensa alla nascita di un nuovo partito sul modello di Ciudadanos in Spagna e di En Marche in Francia. “Sarebbe uno sbaglio, un errore. Con tutte le nostre ammaccature, siamo all’interno del partito socialista europeo la forza più rilevante o tra le più rilevanti. Dovremmo porci un obiettivo diverso: unire le nostre forze con quelle di chi in Europa condivida il progetto di cambiamento dell’Europa stessa”. Un dibattito, questo, alimentato anche dalla voce dell’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, che il 27 giugno ha lanciato dalle pagine del Foglio il suo manifesto per un “Fronte repubblicano che vada oltre gli attuali partiti”.

Calenda, intervistato a 24Mattino su Radio 24, ha specificato che “non ho intenzione di fare un mio partito, non ho intenzione di fare un partito contro il Pd. Quindi possono stare tranquillissimi da questo punto di vista. La mia idea è di raccogliere, non di dividere”. L’idea è invece quella di “costruire una lista che non sia il Pd, che vada oltre il Pd, attraendo forze sociali e civiche che si mobilitano nel territorio ma che nel Pd non ci pensano proprio a entrare, ricostruendo un rapporto perso con i cittadini. Dovremo dedicarci a questo, invece di dedicarci a quando sarà la data del Congresso, perché molto banalmente non frega nulla a nessuno”, conclude.

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