È qualche tempo che si parla dei falchi pellegrini del Pirellone di Milano. Riassumiamo la vicenda.

Il 17 aprile scorso una femmina di falco pellegrino mette al mondo tre piccoli, un maschio e due femmine, sul tetto del grattacielo del Pirellone, quindi in pieno centro. Non è la prima volta che dei falchi si adattano a vivere in città – esiste un’ampia casistica al riguardo – né la prima volta che si trovano dei falchi pellegrini sul Pirellone, accadde già negli anni scorsi. Il lieto evento avviene peraltro in un nido artificiale piazzato lì proprio a seguito della scoperta che in passato i rapaci vi avevano già nidificato. Viene seguito da una webcam. E c’è persino un sito in Rete, pellegrinimilano.org.

Il tutto vede coinvolti a vario titolo, almeno i seguenti soggetti: il naturalista Guido Pinoli, il fotografo Marco Nero Formisano, Bricheco e Bodana (B&B) – che hanno realizzato il nido artificiale -, il webmaster Federico Lauria, Patrizia Cimberio, la Sinapto – che ha fornito la webcam -, la Regione Lombardia e, naturalmente, i gestori del grattacielo. Sponsor: Swarovski Optik e Fastweb. Stranamente, però, manca quello che ti spetteresti: un etologo.

Insomma, i falchi e i loro piccoli diventano loro malgrado protagonisti di un grosso evento mediatico. Ai genitori viene addirittura dato un nome, Giò e Giulia, in onore del progettista del grattacielo Pirelli, Giovanni Giò Ponti, e di sua moglie Giulia Vimercati. Giò&Giulia è anche il nome della pagina Facebook aperta in loro onore. I piccoli vengono inanellatie e, per l’occasione, si tiene un “aperifalco” (!), cioè un aperitivo a inviti al piano sotto al tetto del Pirellone.

Ma non finisce qui. Infatti, il lo scorso 19 maggio si pensa bene di applicare un gps a due dei tre piccoli (“pulli” è il termine tecnico), il maschio e una femmina. Purtroppo, il primo giugno uno dei piccoli dotato di gps (la femmina) si alza in volo e si va schiantare contro la Torre Galfa, un palazzo in ristrutturazione vicino al Pirellone, morendo. Incerte le cause dell’incidente.

Fra tutti gli attori di questo evento mediatico, singolare la figura di Patrizia Cimberio – esperta di falconeria a scopi venatori – in un reportage su d.repubblica.it, il 27 aprile 2017 ha raccontato: “Ho scoperto la falconeria in modo inusuale. Curando la digitalizzazione di alcuni manoscritti della Biblioteca Ambrosiana di Milano mi sono imbattuta in molte scene di caccia con il falco. Mi ha affascinato. Dunque mi sono iscritta a un corso di falconeria e l’anno successivo mi son messa a praticare questa forma di caccia antica di 4mila anni: con il falco d’alto volo, tipo il pellegrino, si insidiano uccelli come i fagiani e le starne; con quello di basso volo, tipo l’astore, si catturano lepri e conigli selvatici. Ora però mi sono appassionata alla caccia tradizionale in montagna, che pratico con i miei due setter inglesi”.

Sarà per l’invadenza umana, sarà per lo spettacolo creato, sarà per qualche altro motivo, i due falchetti rimasti non sono più tornati al nido. Ah, dimenticavo. Dopo che aveva partorito la mamma si è rotta un’ala. La causa esatta non si sa, si parla di un operaio sprovveduto salito sul tetto: quel che è certo è che, anche qui, c’è la mano e l’invadenza dell’uomo.

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