di Margherita Cavallaro

Un paio di settimane fa mi sono rifiutata di avere una discussione con un soggetto di forma umanoide che affermava che l’insegnamento della storia dovrebbe essere tolto dalle scuole in quanto inutile. Questo soggetto sosteneva che sapere che in passato ci sia stato l’Olocausto non impedirà gli olocausti futuri e, quindi, quella conoscenza è inutile come d’altro canto lo è tutta la cultura generale. Mi sono rifiutata di parlare con tale soggetto non perché non avessi argomentazioni, ma perché avevo di meglio da fare (tira più un pelo di patafiocca che un carro di buoi) che spiegare a un omuncolo che per altro faceva il borioso le basi della vita. Gli ultimi fatti di cronaca, però, mi stanno letteralmente prendendo le mani e sbattendole sulla tastiera.

Premessa: sapere che c’è stato l’Olocausto non è conoscere la storia, è sapere che è avvenuto un fatto storico. Conoscere la storia vuol dire capire le cause, gli effetti e i segnali che evidenziano il ricorrere di certe situazioni o pattern. Questo vuol dire che, idealmente, se tutti conoscessimo la storia saremmo anche in grado di cogliere certi segnali ed evitare di ripercorrere certe strade e commettere gli stessi errori e abomini umani del passato.

Perché sto parlando di Olocausto quando non è il Giorno della memoria? Non sono stata posseduta dallo spirito del mio professore del Liceo, caro lettore, ma voglio farti una domanda: pensi che l’Olocausto sia iniziato così, da un giorno all’altro? Che una mattina tutti fossero felici e contenti e quella dopo “Bam! Tutti sui treni!”? No. Tutto è cominciato piano piano, con sottigliezza, a piccoli passetti. Citando Wikipedia, per rimanere terra terra, “l’antisemitismo si caratterizzò anche come reazione alla presunta “cospirazione giudeo-bolscevica” del comunismo sovietico che sembrava minacciare i valori della società tradizionale cristiana”. Questa frase non vi suscita una misteriosa sensazione di déjà vu? Da lì piano piano, seguendo il principio di #primaitedeschi, le attività commerciali tedesche di proprietà di ebrei vennero tassate di più, poi i lavoratori ebrei vennero fatti licenziare (partendo da professioni pubbliche come medici, avvocati, ecc. per poi allargarsi a tutto il resto delle categorie), poi venne controllata l’immigrazione e iniziò la ghettizzazione, poi vennero confiscati i beni delle famiglia ebree, poi venne avviata la deportazione forzata per fare “pulizia”. #Primaitedeschi.

Ci fu poi un altro sviluppo parallelo. Dopo un po’ il #primaitedeschi non bastò più e l’hashtag divenne #primaitedeschinormali, il che vuol dire che la stessa sorte venne estesa a tutti quelli che non ricadevano nella categoria dell’ariano cattolico etenormativo: rom e sinti, cristiani di altre professioni o nazionalità, slavi, testimoni di Geova, dissidenti ed emigrati, gay e lesbiche, persone affette da malattie mentali e disabili. Ancora nessun déjà vu? Io, conoscendo la storia, è da un po’ che ne ho.

Uno dei più recenti l’ho avuto quando il nuovissimo ministro della Famiglia ha sostenuto che le famiglie omogenitoriali non esistono, giusto due anni dopo l’approvazione della Legge Cirinnà per altro. #Primagliitalianinormali

“Ma il problema non è il razzismo, è un problema sociale!” Verissimo. Il problema è sociale: nello specifico che l’ignoranza dilaga, la gente non conosce più la storia e non è in grado di riconoscere i segnali, le cause e gli effetti o di vedere quello che si ripete. Il problema è sociale nel senso che viviamo in una società che non riconosce, non vuole vedere o giustifica il razzismo in virtù di un hashtag. #Primagliitaliani è il germe, la causa e l’essenza del fascismo. E il fascismo è il problema sociale supremo.

Non fraintendermi lettore, dentro di me spero fortemente di stare esagerando, che i miei compatrioti conoscano la storia e che riusciranno a evitare di ripetere gli errori che hanno commesso i loro trisnonni, ma comprendimi nel mio terrore al pensiero che tra una decina d’anni potrei dover scegliere tra tornare a trovare una madre ormai anziana e indossare un triangolino nero sulla giacca o sperare dall’estero che lei riceva le mie email. E se la mia speranza si infrangesse, caro lettore, come guarderai in faccia i tuoi nipoti quando ti chiederanno “Come avete potuto lasciare che tutto questo accadesse? Perché non avete fatto niente?”. Io almeno potrò rispondere “Ho cercato di far vedere la verità alla gente prima che fosse troppo tardi, cercando di mascherarne la bruttezza con la promessa di un sorriso”. Tu, invece, che risposta avrai?

This is the dawning of the age of Aquarius.

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