A oltre 3 mesi dalle elezioni politiche e a due e mezzo dall’insediamento del Parlamento le commissioni permanenti della Camera, fondamentali per il funzionamento effettivo dei lavori parlamentari, non ci saranno prima della fine di giugno. Il problema è tutto dei due partiti di maggioranza che prima di indicare i propri deputati devono trovare l’accordo per le nomine di decine tra viceministri e sottosegretari. Operazione complicata visto che ciascuno tra M5s e Lega vuole controbilanciare la presenza di un ministro dell’una o dell’altra parte. E così ora il presidente di Montecitorio Roberto Fico è costretto ad inviare una lettera di sollecito ai gruppi. Il completamento della squadra del governo Conte è previsto, secondo il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, entro la fine della prossima settimana.

E così da una parte le opposizioni alzano la voce. “E meno male che non erano interessati alle poltrone”, commenta il capogruppo di Liberi e Uguali Federico Fornaro. “Il Parlamento deve essere messo in condizione di lavorare – aggiunge il capogruppo del Pd Graziano Delrio – Ci avviamo ai cento giorni dalla data delle elezioni e ancora la Camera non può occuparsi dei problemi del Paese. Non si può restare ancora fermi perché Lega e Cinquestelle si devono occupare di quante poltrone spettano a l’una e quante agli altri: questo non è porre in cima gli interessi degli italiani ma gli interessi dei due partiti”. Il collega democratico Enrico Borghi – tra i più polemici ieri in Aula nei confronti del capo del governo – ricorda di aver “assistito con imbarazzo alla richiesta avanzata da Lega e 5 Stelle prima del varo del governo, di insediare immediatamente le commissioni prima ancora che il governo giurasse. Ora, assistiamo alla richiesta, da parte delle medesime forze politiche, di rinviare l’insediamento delle stesse commissioni” perché “non hanno ancora trovato un punto di convergenza su quello che loro in passato, riferito ad altri, hanno chiamato spartizione, accordi partitocratici e lottizzazione”. Più comprensiva la capogruppo di Forza Italia Mariastella Gelmini: “Ci rendiamo conto – dice a Radio Radicale – che tutto è legato alla nomina dei viceministri e dei sottosegretari, però abbiamo chiesto al governo di fare presto perché si sono già persi 90 giorni in una crisi infinita, e quindi vogliamo, al più presto, essere messi nelle condizioni di lavorare”.

Dall’altra parte l’unico calendario possibile deciso dalla conferenza dei capigruppo riunita oggi è venuto fuori piuttosto scarno. Il 13 giugno l’Aula dovrà votare intanto un vicepresidente e un questore dopo che Lorenzo Fontana e Riccardo Fraccaro sono stati nominati ministri. 14 giugno la Camera esaminerà il decreto (del governo precedente) sugli incentivi alle imprese e nello stesso giorno è prevista anche una informativa urgente sugli incidenti sul lavoro del ministro Luigi Di Maio. Il 18 giugno l’Aula comincerà ad esaminare il decreto Alitalia (anche questo dell’esecutivo Gentiloni), il giorno dopo sarà la volta del Def, il 20 è in agenda il primo question time per rispondere alle interrogazioni (e qui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha garantito anche un impegno personale),

Mentre il 20 la Camera voterà sulle dimissioni da deputato per motivi personali presentate da Guido Crosetto (Fratelli d’Italia), il 21 il Parlamento si riunità in seduta comune per eleggere un giudice della Corte costituzionale che manca da un anno e mezzo: senza un accordo tra i partiti l’elezione del giudice mancante sarà molto complicata e non sembra che ci sia ancora il clima adatto per arrivare a un’intesa. Infine è stato già fissato anche il voto del Parlamento in seduta comune per l’elezione dei membri laici del Consiglio superiore della magistratura. Anche in questo caso i quorum sono tali che servirà un accordo tra i partiti.

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