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Vibo Valentia, Soumayla Sacko era pericoloso perché sapeva di essere uno schiavo

Vibo Valentia, Soumayla Sacko era pericoloso perché sapeva di essere uno schiavo
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Una fucilata alla testa. Così è stato ammazzato, trucidato, eliminato Soumayla Sacko, 29 anni, originario del Mali e sindacalista dell’Usb.

Soumayla non si rassegnava. Combatteva, lottava per la dignità dei braccianti della piana di Gioa Tauro e in particolare di San Ferdinando. Solo e sempre schiavi, pochi euro per dodici ore di lavoro, baracche, stenti, sofferenza e abusi. L’arroganza dei caporali, il controllo delle milizie e poi loro: i padroni ndranghetisti delle terre.

Soumayla Sacko come Placido Rizzotto e Pio La Torre. Un gigante, schiena dritta – senza se e senza ma – e lotta per i diritti. Restiamo umani.

E’ stato un agguato. Solo mafiosi infami e vigliacchi potevano compiere un atto di così vasta crudeltà. Neppure il coraggio di mostrarsi, affrontarlo. Niente. Ucciso a tradimento.

Avevano il terrore di incrociare quello sguardo. Occhi iniettati di sangue e quella rabbia antica. Soumayla Sacko era nel mirino. Lo aspettavano davanti a quella maledetta fabbrica abbandonata.

Quattro colpi esplosi contro tre inermi. Quel sindacalista di merda bisognava eliminarlo. Sempre e solo dalla parte degli ultimi. Rompeva il cazzo. Il fiato sul collo. Eccepiva, chiedeva e rilanciava: Soumayla Sacko lottava a denti stretti, era pericoloso. Sì, perché gli schiavi sono schiavi e non devono sapere di essere schiavi.

E Soumayla Sacko era instancabile e non si fermava. Era regolare, aveva un permesso di soggiorno, le carte erano apposto. In Italia da otto anni e sempre quel grande senso di giustizia tatuato nell’anima. Soumayla Sacko è Kunta Kinte del romanzo Radici.

Un sindacalista vero, un eroe, un giusto. Mentre si consumava – sabato sera – l’abominevole tragedia, immediatamente a tavolino veniva costruita l’infame menzogna: Soumayla Sacko con due complici stava rubando e chi ha sparato l’ha fatto legittimamente.

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Video di Lucio Musolino

E mentre s’infiammava la protesta nei campi di San Ferdinando con lo sciopero dei braccianti e la rabbia di Aboubakar Soumahoro, dirigente nazionale dell’Usb, e una storia personale di resistenza cominciata Napoli, nessun rappresentante del governo fasciopentaleghista si è sentito in dovere d’intervenire. Equilibri, mediazioni e ipocrisia a chili.

Il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, era impegnato a difendere la dignità di altri lavoratori, i rider perchè : “Simbolo di una generazione senza tutele”. Stranamente, il loquace leader del Movimento 5 Stelle, suoi accolti e codazzo, su Soumayla Sacko non hanno trovato il tempo né di twittare, né di postare, neppure di un video, un hashtag, una dichiarazione di maniera, una nota. Nulla. Il silenzio assoluto.

Forse nel contratto non c’è scritto di dare la solidarietà ai neri oppure la ragion d’equilibrio di Stato con lo scomodo e ingombrante alleato consiglia di girare la faccia d’altra parte. E solo oggi il premier Giuseppe Conte nel suo discorso alle Camere ha dedicato un paio di frasi al giovane sindacalista rivolgendo il suo pensiero ai familiari. Alla fine il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha ragione da vendere. E’ finita davvero la “pacchia” illusoria, una buona parte di italiani, finalmente liberi, si vedranno così come sono sempre stati allo specchio, scoprendo che in fondo restano solo dei fascisti.

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