La prima volta che il Movimento 5 stelle ha scelto Giuseppe Conte è stato nel 2013. “Mi hanno telefonato e mi hanno chiesto la disponibilità a farmi nominare come membro dell’organo di autogoverno della Giustizia amministrativa. Io per onestà intellettuale dissi che non li avevo votati e che non ero un simpatizzante”. Il racconto lo ha fatto lui stesso il giorno in cui, a fine febbraio 2018, è stato presentato da Luigi Di Maio come ministro della Pubblica amministrazione di un eventuale governo 5 stelle. “Dobbiamo combattere l’ipertrofia normativa”, disse sempre quel giorno, “contrastare l’ignoranza coatta che avvantaggia i disonesti e puntare sulla meritocrazia”. E oggi che ha ricevuto l’incarico per guidare il primo governo Lega-M5s, le sue parole assumono ancora più significato. Lui, 54enne professore di diritto privato all’università di Firenze e alla Luiss, è il profilo che ha convinto Di Maio a proporlo come uno dei nomi su cui puntare: “un volto serio, anche se defilato”, che “al di là delle debolezze dà garanzie di serietà”. Insomma per alcuni il meno peggio che potrebbe piacere alla base M5s perché parla di “legalità” ed ha coordinato l’istruttoria che ha condotto alla destituzione del consigliere di Stato Francesco Bellomo, finito sotto accusa per i corsi per aspiranti magistrati in cui le borsiste venivano obbligate a indossare minigonne. Sul suo nome però i leghisti non hanno mai mostrato grandi entusiasmi e resta da vedere se effettivamente i due leader sono riusciti ad accordarsi oppure ci saranno sorprese.

Nato a Volturara Appula (Foggia) ma vive a Roma è il titolare di un grande studio legale, Conte dal 2010 al 2011 ha fatto parte del Cda dell’Agenzia Spaziale Italiana; nel triennio 2012-2015 è stato componente dell’Arbitro Bancario e Finanziario (sede di Napoli). Come si legge sul curriculum (qui la versione integrale) diffuso dal Movimento prima delle elezioni, è laureato in Giurisprudenza all’Università di Roma “La Sapienza” ed è stato borsista del Cnr. “Vanta”, si legge, “un’ampia esperienza di studio in Italia e all’estero (Yale University, New York University, Institute of Advanced Legal Studies, Université Sorbonne) e di insegnamento (Università di Sassari, Roma Tre, Luiss); è direttore di prestigiose riviste e collane scientifiche; è componente del Comitato scientifico della Fondazione Italiana del Notariato”. Il Parlamento lo ha designato, a partire dal 2013, componente del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, di cui è diventato vicepresidente. E’ stato anche presidente della Commissione disciplinare e, tra gli altri incarichi, “ha coordinato l’istruttoria che, recentemente, ha condotto alla destituzione del consigliere di Stato Francesco Bellomo, per i suoi comportamenti inappropriati con le allieve dei corsi di preparazione alla magistratura”. Come riporta il Sole 24 Ore, nel 2009 è stato chiamato nella Sottocommissione di consulenti ed esperti giuridici a cui è stato chiesto di riformare la disciplina dell’Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

“Abbiamo scelto Giuseppe Conte per la sua grande capacità ed esperienza professionale”, aveva detto Di Maio il giorno della presentazione della squadra di ministri in campagna elettorale. Lui, sempre nel giorno della presentazione, aveva ribadito “da giurista”, il rispetto per il ruolo di Sergio Mattarella e riconosciuto che la sua nomina da ministro era solo “simbolica”. Quindi aveva spiegato le sue intenzioni: “Ho accettato di collaborare con Luigi Di Maio”, aveva detto, “nella logica dello spirito di servizio. Sono impegnato in particolare per obiettivi ambiziosi: semplificare i rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini e diffondere la cultura della legalità. E rispettare l’articolo 54 della Costituzione, là dove recita che coloro a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno l’obbligo di adempierle con disciplina e onore”. Quindi il racconto del “primo contatto con Di Maio e il Movimento che “risale a 4 anni fa”: “Fui contattato e mi venne chieste la disponibilità di farmi nominare come membro dell’organo di autogoverno della Giustizia amministrativa. Per onestà intellettuale gli precisai: ‘Non vi ho votato e non sono un simpatizzante’. In questi 4 anni in cui ho svolto questo alto incarico non ho mai ricevuto una telefonata che volesse interferire con il delicato incarico che ho ricoperto. La promessa è stata mantenuta. Nel corso della telefonata mi venne subito detto: a noi non interessa, vogliamo un indipendente. Ecco allora io ho potuto verificare con mano che nel Dna di questi giovani amici c’è la cultura della legalità e il rispetto delle istituzioni e la difesa di un concetto di etica pubblica che era tanto caro a Rodotà. Si è avviato un dialogo più recentemente: la svolta è stata quando ho visto come sono state composte le liste”. Quindi aveva illustrato i suoi obiettivi come ipotetico ministro della Pa: “Dobbiamo combattere l’ipertrofia normativa. Dobbiamo fare in modo di contrastare l’ignoranza coatta che avvantaggia i disonesti. Serve un riassetto di interi settori. Bisogna abrogare le leggi inutili. Io penso che saranno più delle 500 già censite dal Movimento”. E ancora: “Bisogna semplificare al massimo tutti i passaggi burocratici; occorre un riassetto delle autorità indipendenti. Infine puntare sulla meritocrazia e da ultimo con il ministero dell’Istruzione rivedere pressoché integralmente la riforma della cattiva scuola“.

Come riportato dall’agenzia Ansa, Conte nelle scorse settimane disse anche di avere un passato di elettore a sinistra: “In passato ho votato a sinistra”, aveva dichiarato. “Oggi penso che gli schemi ideologici del ‘900 non siano più adeguati. Credo sia più importante valutare l’operato di una forza politica in base a come si posiziona sul rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. E sulla sua capacità di elaborare programmi utili ai cittadini”.

 

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