di Pia Starace 

Disfattismo, pessimismo, catastrofismo. Questi gli atteggiamenti più diffusi ultimamente nella maggior parte dei media per l’imminente formazione del nuovo governo, per fortuna sbloccatasi al fotofinish di fronte allo scenario incombente di nuove elezioni, arbitro il saggio Sergio Mattarella. Comprendo perfettamente l’esercizio del dubbio, anzi meglio, di una sana diffidenza, suscitata in particolare dal passo indietro di Berlusconi, generoso statista last minute, venuto dopo due mesi di resistenza strenua ai veti assoluti dei 5 stelle, per fare largo ai giovani, forse non proprio gratuitamente. Peraltro ora la notizia della sua ricandidabilità potrebbe creare una qualche interferenza. Chissà.

Tuttavia, mi sembra doveroso spendere due parole di esortazione all’ottimismo per il costituendo governo M5S-Lega, durante queste ore di alacre trattativa sui temi e sui nomi.

Partiamo dalla premessa che questa combinazione di forze politiche, che molti giudicano anomala, rispecchia indubbiamente la stragrande volontà degli italiani, da Sud a Nord. Il voto è stato alquanto chiaro: una reazione forte alla invisa gestione Renzi, radicalmente criticata. Questi due partiti/movimenti sono guidati da energie fresche e trascinatrici che hanno saputo interpretare le attuali istanze dei cittadini, quelle più vere, quelle che non passano dal filtro falsificante della “narrazione”.

Vale per le problematiche legate alla immigrazione che interseca la vita quotidiana dei cittadini determinando disordine, insicurezza, delinquenza e sfruttamento economico tanto degli immigrati, quanto degli italiani. Vale per il sostegno alle imprese soprattutto piccole, che sono schiacciate dalla burocrazia e dalla eccessiva tassazione. Vale per le politiche del lavoro, soprattutto dei giovani, in fuga crescente da un Paese che potenzialmente avrebbe addirittura risorse per attrarre lavoratori dall’estero. Vale per l’avversione alle politiche favorevoli alle banche che hanno calpestato e truffato i risparmiatori. Vale per il bilanciamento fra l’urlata aspirazione a giustizia e onestà dei 5stelle e la buona capacità amministrativa dimostrata nelle regioni settentrionali governate dalla Lega. E si potrebbe continuare, perché i terreni di dialogo sono anche parecchi altri.

Ma l’ottimismo deve essere coltivato per almeno altri due motivi. Anzitutto, bisogna confidare nella forza dell’entusiasmo che accompagna la responsabilità affidata a Di Maio e Salvini, consapevoli dell’unicità di questa opportunità di governare, accolta come una nuova sfida per il Paese, come la grande occasione per dimostrare che si può voltare pagina in questa Italia corrotta e disastrata, e che si può lavorare con un metodo profondamente diverso da quello sinora adoperato.

In secondo luogo, la compresenza di due leader e la complementarietà/diversità fra questi fa pensare che si innescherà il meccanismo democratico del reciproco controllo degli atti di ciascuno, così come accadeva nella Roma repubblicana per i consoli, nell’esercizio della suprema potestas e dell’imperium maius, la cui collegialità era garantita dall’intercessio, cioè dalla facoltà di ciascuno dei due di impedire o bloccare l’iniziativa dell’altro senza la sua esplicita o implicita adesione. Insomma… “ubi Di Maior, Salvini non cessat”; e viceversa!

Perché dunque non “astenerci benevolmente” dal pessimismo?

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