Una delle domande del maxi concorso per 365 posti da analista di processo e consulente professionale bandito dall’Inps era sbagliata. Per questo il Tar ha dato ragione a uno dei 25mila partecipanti alle prove scritte che aveva impugnato la mancata ammissione agli orali per colpa di una risposta giudicata errata. Il candidato, assistito dagli avvocati Santi Delia e Michele Bonetti, ha contestato l’errata formulazione del quesito e i giudici amministrativi hanno ritenuto il ricorso manifestamente fondato.

La domanda riguardava la natura dell’assegno sociale e il Tar ha stabilito che “le censure mosse dal ricorrente sono ictu oculi fondate, tenuto conto che l’assegno sociale non è una ‘prestazione previdenziale’, ma una misura di carattere assistenziale“. Il “puntuale riferimento alla prestazione ‘previdenziale’ indirizza dunque senz’altro a valutare corretta la risposta fornita dal ricorrente, con conseguente ammissione a sostenere le prove orali”.

“Via libera dunque ai ricorrenti esclusi che incolpevolmente erano incappati in domande fuorvianti – ha commentato Delia – La mancata validazione dei test a quiz, effettuata nei paesi anglosassoni ogni qualvolta debba essere espletata una simile prova, è una delle maggiori lacune presenti in tutte le procedure concorsuali attivate dalla Pubblica Amministrazione e che da anni contestiamo nei nostri giudizi al Tar giacché impedisce la selezione dei migliori. È fondamentale, anche in ragione del fatto che in questi anni si tornerà ad assumere massicciamente con tali procedure concorsuali, che l’amministrazione riveda immediatamente queste banche dati e il sistema di selezione perché profondamente lacunoso”.

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