Per una volta hanno vinto i migliori, non come sempre i più forti. Juventus-Napoli 0-1, all’ultimo secondo, con il classico episodio un po’ fortuito e inatteso, che di solito premia i campioni d’Italia, i favoriti, la squadra da battere che non si batte mai. Ovvero la Juve. Era successo anche nel 2016, per esempio: scontro diretto decisivo per lo scudetto, gli azzurri di Sarri che vanno a Torino e dominano per novanta minuti senza riuscire ad affondare il colpo, e poi la beffa finale di Zaza che indirizza tutto il campionato. Invece ieri è andata diversamente. Anche perché questo Napoli è un’altra squadra rispetto ad allora, cresciuta nel gioco, nella testa e nello spirito: basti dire che ha fatto 10 punti in più dello scorso anno, e 11 di due anni fa. E allora stavolta la fortuna ha aiutato gli audaci. Ovvero il Napoli.

Non si poteva sbagliare, del resto: audaci i bianconeri non lo sono stati per nulla. Per tutta la partita hanno speculato sullo 0-0: Massimiliano Allegri sapeva di avere due risultati su tre a disposizione e ha giocato dichiaratamente per l’obiettivo minimo. È questo che ha fatto pendere la bilancia dalla parte degli altri: non le occasioni, nulle da ambo i fronti (anzi, se vogliamo il palo su punizione di Pjanic è stata quella più nitida di tutto il match), non l’inerzia dell’incontro che non aveva nel suo dna la vittoria del Napoli. Gli ospiti non hanno praticamente mai tirato in porta, il pareggio sembrava scritto. Ma la Juventus, che si considera a buon diritto ormai una delle squadre più forti d’Europa, pronta a cucirsi sul petto il settimo scudetto di fila e scrivere l’ennesimo record della Serie A, ha rinunciato a priori a giocare la partita più importante dell’anno in campionato, per giunta in casa. Inaccettabile, imperdonabile. Ed è come se qualcuno dall’alto avesse voluto punire questo peccato capitale, molto più della prestazione opaca ma tutto sommato ordinata dei bianconeri, dell’ennesimo fallimento stagionale di Dybala o dell’ingratitudine di Higuain che all’andata aveva esultato in maniera smodata sotto la tribuna del San Paolo e ieri non ha toccato palla.

Per questo stavolta nell’eterna lotta tra belli e forti, perfettamente incarnata dai due tecnici, ci sono vincitori e vinti ben precisi anche in panchina: l’esteta Sarri con le sue idee ha battuto il pragmatico Allegri, che ha sempre rivendicato il primato dei suoi titoli contro il bel gioco altrui. Se all’andata il capolavoro l’aveva fatto il secondo, imbrigliando gli azzurri con un paio di mosse, oggi gli applausi sono tutti per il primo. Si è presentato a Torino senza cambiare una virgola del suo credo: pressing altissimo e asfissiante che ha tolto aria e tranquillità ai bianconeri, manovra avvolgente, palleggio finalmente di nuovo fluido. Tutto questo in casa dei campioni d’Italia, dove il Napoli non vinceva da quasi un decennio. Così Sarri ha dominato la sfida tra i due allenatori più forti e diversi della Serie A. Almeno per oggi, almeno sul piano tattico. Perché poi nel concreto, senza il gol di Koulibaly arrivato un po’per caso al 90’, l’avrebbe avuto vinta ancora Allegri, con la difesa a specchio, il catenaccio senza nemmeno il contropiede, il suo cinismo che non crede nel bel gioco, solo negli episodi. Proprio come quel colpo di testa su un angolo qualsiasi a fine partita, che ora rischia persino di diventare il gol scudetto.

Twitter: @lVendemiale

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