La Cassazione mostra i titoli di coda all’ex sindaco di Reggio Calabria e presidente della Regione Giuseppe Scopelliti. Come richiesto stamattina dal pg durante la requisitoria, dopo tre ore di discussione la Suprema Corte ha rigettato il ricorso del politico calabrese e ha confermato la sentenza d’appello del processo sul “Caso Fallara”. Gli ermellini hanno ridotto però di 5 mesi, per la prescrizione del reato di abuso d’ufficio, la condanna a 5 anni a Scopelliti che ora dovrà scontare una pena di 4 anni e 7 mesi di carcere per falso in atto pubblico. I giudici hanno hanno anche ridotto l’interdizione perpetua dei pubblici uffici a soli 5 anni. Il politico ora dovrà costituirsi. Titoli di coda anche per il “modello Reggio”, già schiacciato dalla Prefettura e dal ministero dell’Interno che nel 2012 prima proposero e poi sciolsero per infiltrazioni mafiose il primo Comune capoluogo di provincia. All’ex sindaco non resta che varcare la porta del carcere per scontare la sua pena. Il processo di primo grado, sulle voragini finanziarie di Palazzo San Giorgio, si era concluso con la sua condanna a 6 anni, dopo diventati 5 davanti a una Corte d’appello che ha sempre sposato l’impianto accusatorio della Procura. Un altro personaggio di Forza Italia finito nei guai.

L’inchiesta sullo sfascio economico di Reggio Calabria
L’inchiesta sul “Caso Fallara” ha travolto Scopelliti, per lungo tempo il simbolo di quella “Reggio da bere” che, però, ha portato al tracollo finanziario del Comune. Un tracollo che, evidentemente, era il prezzo di una città usata come trampolino di lancio per la carriera dall’ex “balilla” del Movimento sociale italiano, poi pupillo in terra calabra di Silvio Berlusconi e, dopo ancora, azionista di maggioranza del Nuovo Centrodestra con il quale si è candidato all’Europee del 2014 non riuscendo ad essere eletto. Una bocciatura delle urne che lo ha allontanato anche da Angelino Alfano, aprendogli la strada che porta al Movimento nazionale per la Sovranità di Gianni Alemanno che, alle ultime politiche del 4 marzo, in Calabria ha sostenuto la Lega di Matteo Salvini. La Cassazione ha messo il sigillo all’inchiesta dei pm Sara Ombra e Francesco Tripodi (non più in servizio a Reggio) secondo cui l’ex sindaco Scopelliti è ritenuto il principale responsabile dello sfascio economico della città. “La situazione finanziaria del Comune di Reggio Calabria era nota nei minimi dettagli” aveva detto in aula il sostituto procuratore Ombra durante la requisitoria. Nel febbraio 2014 fornì al Tribunale una rappresentazione plastica dei disastri lasciati nelle casse del Comune dall’amministrazione Scopelliti, bacchettata prima ancora che dai giudici penali anche da quelli contabili: “Ci sono state almeno 3 o 4 deliberazioni della Corte dei Conti che attestano come i bilanci del Comune erano falsi. Che quei bilanci erano falsi era evidente”. Non si pagavano le bollette dell’Enel, i debiti nei confronti delle società partecipate, quelli di fronte al commissario per l’emergenza rifiuti. Per la Procura non sono stati pagati finanche 20 milioni di trattenute Irpef. Fatti che, secondo il pm Ombra, non possono “essere messi in discussione. C’era una situazione disastrosa. – è sempre la requisitoria del processo di primo grado – I bilanci erano frutto di artifici contabili e di falsità perché non rappresentavano quello che c’era nella realtà. Tutti ne erano consapevoli e i revisori dei conti hanno sistematicamente omesso di dire la verità. Due primati ha questo Comune: dissesto finanziario e infiltrazione mafiosa”. La Suprema corte ha anche rigettato il ricorso anche dei revisori dei conti Carmelo Stracuzzi, Domenico D’Amico e Ruggero Ettore De Medici che sono stati così condannati definitivamente a 2 anni e 4 mesi di reclusione. Per i magistrati, in sostanza, a Palazzo San Giorgio c’era una vera e propria dittatura della dirigente Orsola Fallara, morta nel 2010 per aver misteriosamente ingerito dell’acido a distanza di poche ore da una conferenza stampa. In quell’incontro con i giornalisti, indetto subito dopo l’avvio dell’inchiesta da parte della Procura, la consulente del Comune si era dichiarata disponibile a fornire tutte le spiegazioni ai pm ma non ha fatto in tempo.

La sentenza di primo grado e la morte di Orsola Fallara
La Fallara – si legge nella sentenza di primo grado – “era una perfetta esecutrice di direttive precise che provenivano dal sindaco Scopelliti, che, tramite lei, ha creato un sistema accentrato su se stesso esautorando di fatto tutti coloro che avrebbero potuto ostacolarlo”. Orsola Fallara era la responsabile del settore Finanze nominata da Scopelliti senza un concorso. Era il motore del “sistema” del sindaco e, oltre ai misteri sulla sua fine orribile, ha lasciato un bilancio che per gli inquirenti è stato segnato da “un quadro di irregolarità enorme”, un “buco” da centinaia di milioni di euro costruito mentre Reggio diventava una “città cartolina” dove si spendevano soldi per iniziative allegre: 50mila euro alla New Art Gallery per una conferenza stampa di presentazione delle statue “Rabarama”, costate 600mila euro, altri 252mila per finanziare Rtl. Sono gli anni della “Reggio da bere” in cui in riva allo Stretto arriva anche il concerto di Elton John, organizzato dall’amico promoter Ruggero Pegna, nel 2010 candidato alla Regione in una lista a sostegno di Scopelliti. Risultato: stadio semivuoto e 360mila euro di soldi pubblici in fumo. Altri 650mila euro sono serviti per la Notte bianca del 2006 quando per avere Lele Mora e i suoi guitti da Grande Fratello, Scopelliti fece versare dal Comune 120mila euro raccomandandosi addirittura a Paolo Martino, il referente della cosca De Stefano a Milano, perché intercedesse con il manager dei vip. Favori, contributi e consulenze esterne come quelle date a 75 avvocati che si sono spartiti 777 pratiche in barba a un ufficio legale per il quale il Comune pagava comunque gli stipendi.

Scopelliti indagato anche nell’inchiesra Mamma Santissima
Gli avvocati di Scopelliti hanno sempre sostenuto che “il sindaco atti di gestione non ne compie, perché lui fa il politico”. “Però – era stata la risposta del pm Sara Ombra – quando si tratta di dare contributi elettorali, li fa gli atti di gestione”. Con la sentenza di oggi, i giudici del Palazzaccio chiudono definitivamente il “caso Fallara” e il processo sui disastri lasciati nei bilanci del Comune di Reggio Calabria dalle giunte guidate da Giuseppe Scopelliti che, dal 2004, vive sotto scorta. Gliel’aveva assegnata la prefettura che non l’ha revocata nemmeno dopo la perquisizione che l’ex sindaco ha subito nel 2016 perché indagato nell’inchiesta antimafia “Mamma Santissima”. Per la Dda è stato il “pupo” nelle mani dell’avvocato Paolo Romeo, l’ex parlamentare del Psdi ritenuto una delle due teste pensanti della ‘ndrangheta reggina. Sarebbe stato Paolo Romeo, assieme alla componente segreta della ‘ndrangheta, ad aver deciso nel 2002 che Scopelliti avrebbe fatto il sindaco affiancandogli assessori come il futuro senatore Antonio Caridi, scarcerato da pochi giorno dopo quasi due anni di carcere per reati di mafia. È imputato nel processo “Gotha” (nato da un’inchiesta del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo) nel quale Giuseppe Scopelliti è indagato per reato connesso. Ma questa è un’altra storia. Non completamente slegata.

 

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