Alcuni giorni fa, padre Alex Zanotelli mi ha inviato questa lettera “Armi, è questo il nostro Natale di pace?“. Come al solito le riflessioni di Alex sono importanti e purtroppo nessuno, o quasi, tra giornalisti, intellettuali e politici si permette di indagare in un settore, quello degli armamenti, dove gli interessi sono enormi. Come ricorda padre Alex, il nostro Paese investe sempre di più in campo militare sia a livello nazionale che internazionale. La cifra prevista per gli F-35 (aerei tra l’altro difettosi), è di 14 miliardi di dollari sebbene la Corte dei Conti abbia specificato che ogni aereo costerà almeno 130 milioni di dollari rispetto ai 69 milioni previsti nel 2001. Quest’anno il governo italiano spenderà 24 miliardi di euro in Difesa, pari a 64 milioni di euro al giorno. Per il 2018 si prevede un miliardo in più.

È davvero paradossale che l’Italia debba spendere tali ingenti cifre in armi quando sarebbe fondamentale investire in Sanità, Scuola e Trasporti. La triste realtà è che da colonia obbediente dell’impero statunitense, siamo costretti a produrre e acquistare armamenti made in Usa al fine di alimentare quella mostruosa industria bellica che dopo il secondo conflitto mondiale è cresciuta sempre di più fino a raggiungere livelli parossistici. Oggi, l’economia americana è un’economia di guerra, questo significa che per le élite dominanti nuove guerre equivalgono a nuovi introiti.

Finché non si recide tale perversa ragnatela di interessi, la pace sarà solo una chimera. Finché non ci si libererà da tale industria della morte, negli Stati Uniti ai cittadini verranno inoculate crescenti iniezioni di paura al fine di vendere sempre nuove armi e giungere a dati allucinanti che ci dicono che ogni anno negli Usa, circa 30mila persone muoiono a causa delle armi da fuoco. Altro che terrorismo islamico! Neanche dinanzi a stragi come quella di Las Vegas la politica ha potuto scalfire tale potere, e ancora oggi negli Usa è possibile acquistare un fucile da guerra come se fosse un panino da Mc Donald’s.

Sono ancora migliaia gli ordigni atomici presenti sulla Terra e oggi, ancor più rispetto ai tempi della Guerra Fredda, il rischio di esplosioni involontarie o volontarie è ancora maggiore. L’ultimo libro del bravo giornalista Manlio Dinucci ben spiega quali siano i rischi e a che livello, dopo la prima esplosione del 6 agosto 1945, siano giunti il potenziale di tali ordigni: oggi, alcune bombe prodotte sono migliaia di volte più potenti di quelle fatte esplodere in Giappone.

Non si conosce il numero preciso degli ordigni atomici statunitensi presenti in Italia, sono verosimilmente 70, 20 a Ghedi e 50 ad Aviano senza dubbio si tratta di un quantitativo sufficiente a far saltare in aria lo stivale più volte. Come riportato da un articolo di Manlio Dinucci, apparso sul Manifesto del 13 gennaio 2016, Le bombe atomiche B61 stanno per essere sostituite da nuovi ordigni, le B61-12, che hanno ognuno una potenza in media di 50 kiloton, che equivale a circa il quadruplo della bomba che fu sganciata a Hiroshima. Va ricordato, altresì che l’Italia ospitando tali ordigni che la pongono nella pericolosa posizione di poter subire un attacco, viola il Trattato di non proliferazione nucleare del 1969 ratificato nel 1975. Quando l’Italia potrà essere davvero un Paese sovrano e liberarsi di armi così malefiche?

Nel 1947 gli scienziati della rivista Bulletin of the atomic scientists dell’Università di Chicago diedero vita all’Orologio dell’apocalisse, cioè un orologio virtuale in grado di misurare l’avvicinarsi della fine del mondo. La mezzanotte indica la fine e i minuti precedenti l’approssimarsi a tale nefasto momento. L’Orologio dal 2015 era fermo alle 23:57, nel gennaio del 2017 gli scienziati hanno deciso di far avanzare le lancette di 30 secondi, tale scelta è stata spiegata per via Del forte aumento del nazionalismo nel mondo, delle dichiarazioni del presidente Donald Trump sulle armi nucleari”.

Secondo il Sipri di Stoccolma, nel 2015 a livello globale sono stati spesi 1.800 miliardi di dollari in armamenti, di cui quasi la metà della somma è da attribuire agli Stati Uniti. Si tratta di una cifra colossale, si pensi che ne basterebbero 40 di miliardi per porre fine alla fame nel mondo e ogni anno muoiono dai 30 ai 50 milioni di esseri umani. Allora che Natale ci apprestiamo a festeggiare? Quello delle élite che ci vuole solo consumatori obbedienti disinformati e armati? O quello rivoluzionario di Gesù di Nazareth che, come scritto nel Magnificat, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi?

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