L’origine delle armi utilizzate da Daesh è stato oggetto di un report da parte dell’organizzazione Conflict armament research (Car) con sede nel Regno Unito. A quanto pare le armi utilizzate dall’Isis per più del 50% sono di fabbricazione russa o cinese mentre la restante parte è stata prodotta dai paesi ex patto di Varsavia ora membri dell’Unione Europea. Ciò porta ad una prima considerazione importante e cioè che diverse armi sono state prelevate dal materiale militare degli iracheni e delle forze governative siriane.

Secondo Conflict armament research le armi fabbricate nell’attuale decennio (2010-2017) rappresentano il 2% del portafoglio totale di armi di Daesh mentre oltre il 60% è stato prodotto prima del 1990. In netto contrasto invece con l’utilizzo delle munizioni la cui maggior parte è stata prodotta e fornita dopo l’inizio del conflitto siriano. Inoltre una parte consistente dei razzi (PG-7) e (PG-9) schierati dalle forze dell’Isis in Iraq sono stati prodotti negli ultimi quattro anni (dal 2014 al 2017) – il periodo durante il quale il gruppo terroristico è diventato una componente significativa nei conflitti in Iraq e in Siria.

La fornitura internazionale di armi per il conflitto siriano ha aumentato la quantità e la qualità delle armi in dotazione dell’Isis. Una buona parte del materiale bellico utilizzato dai miliziani jihadisti e documentato da Car, mostra come le parti in campo hanno tentato di nascondere la sua provenienza. Questi sforzi includono la rimozione di munizioni dalle scatole originali, che altrimenti fornirebbero la spedizione; il reimballaggio delle munizioni o l’annullamento dei marchi di fabbrica sulle armi. Queste attività sono prove che dimostrano il coinvolgimento di diversi attori nel fornire armi nei conflitti.

Armi ad esempio dirottate dalla Libia e trasferite in Siria e in Iraq; munizioni provenienti da spedizioni che Stati dell’Europa dell’Est (tipo la Romania) originariamente esportavano negli Stati Uniti giusto per fare qualche esempio. Infatti in un caso, i razzi PG-9 da 73 mm, venduti dai produttori di armi rumeni all’esercito degli Stati Uniti nel 2013 e 2014, sono stati trovati sparsi sui campi di battaglia in Iraq e in Siria. Contenitori con numeri di lotto corrispondenti sono stati trovati nella Siria orientale e recuperati da un convoglio dello Stato islamico nella città irachena di Falluja.

A tutto ciò va aggiunto poi il comparto esplosivi. Il territorio turco, anche se non detiene l’esclusività, è il principale hub per detonatori, contenitori usati per alloggiare le cariche principali di Ied etc. Conflict armament research ha documentato anche altri componenti che dimostrano come Daesh può procurarsi ripetutamente prodotti chimici dallo stesso fornitore. Questo report è stato realizzato in partenariato con le forze di sicurezza irachene, i Peshmerga del Kurdistan iracheno, la popolazione curda e l’Unità di protezione (Ypg) in Siria.

Delle squadre investigative, con accesso completo alla prima linea, hanno avuto la possibilità di recuperare delle prove grazie al supporto degli attori menzionati in precedenza. Sono state impegnate da luglio 2014 a novembre 2017 in Iraq e da luglio 2014 a settembre 2015 in Siria. Le operazioni militari hanno sicuramente depotenziato Daesh soprattutto a livello di territori. Ormai la loro presenza in Iraq è molto ridotta, poco più di tremila uomini. Ma se da un lato Daesh ha perso dei territori dall’altro continua a possedere sistemi d’arma avanzati, inoltre è in grado di acquistare prodotti chimici sul mercato internazionale e soprattutto è capace di produrre ordigni improvvisati.

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