La legge che ha introdotto il reato di tortura in Italia è “incompleta” e soprattutto “crea spazi reali o potenziali per l’impunità”. Quindi deve “essere modificata” perché non è conforme alle disposizioni della Convenzione Onu contro la tortura. La durissima valutazione del provvedimento approvato da pochi mesi dal governo italiano, e rivendicato più volte dal Pd, è arrivata addirittura dal Comitato Onu contro la tortura che il 6 dicembre ha presentato a Ginevra le conclusioni e raccomandazioni sul rispetto della Convenzione. Una lettura che rispecchia le polemiche degli ultimi mesi. Già a luglio, ai tempi dell’approvazione del ddl, pm e giudici titolari dei processi sull’irruzione alla scuola Diaz e sui fatti avvenuti a Bolzaneto durante il G8 di Genova avevano definito il reato di tortura introdotto “in concreto inapplicabile”. Oggi, alla luce delle dichiarazioni del Comitato Onu, sono intervenuti ancora i rappresentanti dei Radicali, di Antigone e dell’Unione delle camere penali italiane ribadendo la loro “disapprovazione per quanto legiferato”. Tra gli altri rilievi mossi all’Italia, che ha presentato la propria relazione a novembre, anche alcuni aspetti della politica migratoria, tra cui l’accordo con la Libia e sul regime carcerario duro del 41bis.

Tortura, “legge italiana deve essere modificata” – Molto dura la valutazione dei rappresentanti Onu sul ddl appena licenziato dal nostro Parlamento. Pur prendendo atto della recente adozione della legge che introduce in Italia “il reato di tortura come reato specifico”, il Comitato ritiene che la definizione contenuta nella legge “sia incompleta in quanto non menziona lo scopo dell’atto in questione”. Inoltre, il reato non include le specifiche relative all’autore, con un riferimento a pubblici ufficiali, si legge nelle conclusioni del Comitato. La legge contiene anche una “definizione significativamente più ridotta di quella contenuta nella Convenzione e stabilisce una soglia più elevata per il reato”. Per questo, il Comitato chiede all’Italia di “portare il contenuto dell’articolo 613-bis del Codice Penale in linea con l’articolo 1 della Convenzione, eliminando tutti gli elementi superflui e identificando l’autore e i fattori motivanti o le ragioni per l’uso della tortura”.

Per gli esperti dell’Onu, le “discrepanze tra la definizione della Convenzione e quella incorporata nel diritto interno creano spazi reali o potenziali per l’impunità“. Tra le raccomandazioni espresse dal Comitato anche quella di garantire che le denunce per tortura, maltrattamenti e uso eccessivo della forza siano esaminate in modo imparziale e quella di assicurare che tutte le vittime di tortura e maltrattamenti ottengano riparazione.

Migranti, “preoccupazione per mancanza di garanzie su accordo con Libia” – Gli esperti apprezzano inoltre gli sforzi compiuti dall’Italia per rispondere al grande flusso di richiedenti asilo, persone bisognose di protezione e migranti irregolari, ma esortano tra l’altro l’Italia a garantire che le procedure accelerate previste dagli accordi di riammissione e dalla legge siano soggette a “una valutazione approfondita caso e per caso dei rischi di violazione del principio di non respingimento”. Il Comitato si sofferma anche sul Memorandum tra Italia e Libia ed esprime “profonda preoccupazione” per la mancanza di garanzie che permetterebbero di riconsiderare la cooperazione alla luce di possibili gravi violazioni dei diritti umani. Soprattutto, segnala il comitato, l’accordo, non contiene alcuna disposizione particolare che possa rendere la cooperazione e il sostegno subordinati al rispetto dei diritti umani, compreso il divieto assoluto di tortura. A questo proposito, il Comitato richiama l’attenzione italiana alle orribili condizioni nelle strutture di detenzione sotto il controllo del Dipartimento libico per la lotta alla migrazione illegale recentemente documentate dagli osservatori dei diritti umani delle Nazioni Unite.

Carcere, “migliorare gli sforzi e rivedere 41bis” – Sul fronte della detenzione, gli esperti esprimono apprezzamento per l’istituzione del Garante Nazionale dei detenuti e delle persone private della libertà, ma chiedono tra l’altro all’Italia di “continuare i suoi sforzi per migliorare le condizioni di detenzione e alleviare il sovraffollamento”. Il Comitato rileva, poi, che “i detenuti sono spesso non informati sui loro diritti o autorizzati a comunicare con i loro parenti” e “rimane preoccupato per le condizioni di detenzione in alcune strutture”. Chiede quindi che “la detenzione preventiva non sia eccessivamente prolungata” e di rivedere il regime speciale di detenzione del 41 bis e “metterlo in linea con gli standard internazionali sui diritti umani”. Il Comitato, infine, “si rammarica della mancanza di informazioni complete sui suicidi e altre morti improvvise in strutture di detenzione”.

Donne, “basso tasso di processi contro il femminicidio” – Il Comitato elogia l’Italia per i piani d’azione contro la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani e per combattere la violenza contro le donne, ma ribadisce la richiesta di procedere alla creazione di un’istituzione nazionale indipendente per i diritti umani. Le Nazioni unite si dicono preoccupate dell’elevata presenza di violenza di genere contro donne e ragazze in Italia. Nelle conclusioni presentate oggi a Ginevra, il Comitato esprime anche preoccupazione per il basso tasso di processi e condanne contro il femminicidio, la violenza sessuale e altre forme di violenza contro le donne, compresa la mutilazione genitale femminile. Il Comitato incoraggia quindi l’Italia a raddoppiare gli sforzi per combattere tutte le forme di violenza di genere e per garantire che tutte le denunce siano approfondite e che i sospettati siano perseguiti e, se condannati, puniti in modo appropriato. Lo Stato, secondo l’Onu, dovrebbe anche garantire che le vittime ricevano un risarcimento completo per il danno sofferto e la più completa riabilitazione possibile. Dovrebbe anche fornire una formazione obbligatoria sul perseguimento della violenza di genere a tutti i funzionari delle forze dell’ordine e della giustizia e continuare la sensibilizzazione con campagne su tutte le forme di violenza contro le donne.

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