Poco più di quattro euro annui a famiglia. E’ la cifra stanziata dal governo Gentiloni nella legge di Bilancio per il 2018, bollinata dal Colle durante il fine settimana e inviata domenica sera al Senato. Il Capo VI si intitola “Politiche per la famiglia” e prevede, all’articolo 30, un nuovo fondo ad hoc. Finanziato con 100 milioni di euro l’anno, che divisi per 24,5 milioni di famiglie fanno, appunto, 4 euro e spiccioli. Nel frattempo esattamente la stessa cifra, 100 milioni, viene messa in campo per concedere un nuovo sgravio fiscale – il terzo in tre anni – alle fondazioni bancarie. Una cifra che si suppone vada contata nei 600 milioni che – stando al documento consegnato il 3 ottobre alle commissioni Bilancio di Camera e Senato dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – vengono destinati alla “coesione sociale”.

Il nuovo fondo per le famiglie – La parte dedicata alle politiche per la famiglia è rimasta in bianco fino alle ultime bozze della manovra. Nella versione definitiva (salvo modifiche durante il percorso parlamentare) si è trovata la quadra, anche se resta c’è un giallo sul bonus cultura per i 18enni: la stabilizzazione della misura, prevista nelle versioni precedenti, non compare più nell’articolato. Ma i ministeri competenti hanno fatto sapere che le risorse necessarie sono “inserite nella tabella delle risorse del dicastero della cultura presente nella sezione II della Legge di Bilancio”, non ancora disponibile. In attesa di chiarimenti arriva comunque il nuovo fondo famiglia, che sarà creato nello stato di previsione del ministero dell’Economia. Non ci sono dettagli su come verrà utilizzato: nelle scorse settimane si era ipotizzato un aumento del tetto di reddito sotto il quale i figli possono essere considerati “a carico” e godere delle relative detrazioni, ma nel testo non ci sono dettagli in proposito. A caldo colpisce soprattutto il fatto che le risorse trovate per tutte le famiglie italiane – 100 milioni – ammontino a una cifra identica a quella destinata a coprire i mancati introiti causati dall’incentivo per le 88 fondazioni riunite nell’Acri.

Occhio di riguardo per le fondazioni bancarie – Gli enti soci del Tesoro nella Cassa depositi e prestiti godranno di uno sgravio del 65% sulle erogazioni a progetti “finalizzati alla promozione di un welfare di comunità”. Erogazioni che fanno da sempre, visto che per statuto fanno attività filantropiche e finanziano il welfare, la ricerca scientifica, la conservazione dei beni culturali e ambientali, la sanità. “Qualcuno ha detto che è un favore fatto alle fondazioni, ma non è un favore: noi oggi abbiamo una crisi totale dello stato sociale. Dobbiamo fare sussidiarietà“, ha commentato lunedì mattina il presidente dell’Acri e della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti. Resta il fatto che si tratta del terzo sgravio che le fondazioni incassano in tre anni: la finanziaria per il 2016 ne ha previsto uno del 75% sui contributi destinati a un nuovo fondo per il contrasto alla povertà educativa e lo scorso anno è arrivato il credito di imposta del 100% sui versamenti volontari ai Centri servizio al volontariato, che le fondazioni già finanziano per legge. E il nuovo beneficio spunta mentre il governo studia la vendita di una quota dell’Enav alla Cdp, la quale anche protagonista del progetto “Capricorn” caro al segretario del Pd Matteo Renzi: l’idea è quella di conferire alla Cassa le partecipazioni in società quotate detenute da via XX Settembre per ridurre il debito e ottenere dalla Ue più margini di manovra sul deficit.

La promessa non mantenuta del quoziente familiare – Per le famiglie italiane in compenso sfuma ancora il miraggio del cosiddetto “quoziente familiare“, vale a dire il sistema che prevede l’applicazione delle aliquote Irpef sul reddito dell’intero nucleo invece che su quello dell’individuo, tenendo conto del numero di componenti. Cosa che garantirebbe, come dimostra l’esempio della Francia, sostanziali risparmi sulle tasse. “Lo attueremo appena possibili”, garantiva l’allora premier Silvio Berlusconi nel marzo 2009. Poi, con la crisi finanziaria, l’ipotesi è stata archiviata. Nel giugno 2014, pochi mesi dopo l’insediamento a Palazzo Chigi, Matteo Renzi assicurava: “Nel 2015 realizzeremo finalmente in Italia il quoziente familiare”. Poi il segretario Pd ha preferito imboccare la strada dei bonus e non se ne è fatto nulla. Nel settembre 2016 il ministro Enrico Costa ha annunciato in pompa magna un piano di sostegno alla famiglia i cui dettagli sono però rimasti un mistero. Tre mesi dopo, perso il referendum, Renzi si è dimesso. Ora, di nuovo in campagna elettorale, ha rispolverato la questione aggiornando la proposta: “Abbiamo fatto poco per le famiglie”, ha ammesso in un’intervista ad Avvenire. “Daremo mille euro netti l’anno per tutti gli under 18, sono 80 euro al mese: una misura universale per i figli, la via italiana al quoziente familiare”.

Il contentino alle lavoratrici madri e l’aumento del tetto di reddito per gli 80 euro – In attesa del nuovo sgravio, la manovra alza il tetto di reddito sotto il quale si ha diritto a ricevere il bonus Irpef di 80 euro. Lo sgravio sarà tolto a chi guadagna oltre 26.600 euro, mentre oggi il limite era di 26mila, e sarà gradualmente ridotto oltre i 24.600 euro di introiti. Ora invece il décalage scatta a partire dai 24mila. La novità è stata messa a punto per evitare che gli statali, cui verrà finalmente rinnovato il contratto congelato da otto anni. perdano il beneficio. Arriva poi il “contentino” promesso dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti alle madri lavoratrici: quelle che appartengono alle categorie svantaggiate che hanno diritto a chiedere l‘Ape social avranno uno sconto di 6 mesi per ogni figlio sui contributi necessari per la pensione anticipata. Sempre che la loro domanda venga accettata, cosa che finora è successa solo in un caso su tre.

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