La morte del piccolo Charlie Gard ha messo in mostra i due volti del Bambino di Gesù di Roma. Da un lato quello dell’attenzione umana rivolta particolarmente ai piccoli degenti e alle loro famiglie e dell’eccellenza della ricerca scientifica che rende l’ospedale pediatrico della Santa Sede tra i migliori al mondo. Dall’altro il “cancro della corruzione”, per usare le parole che Papa Francesco ha rivolto alla comunità del Bambino Gesù ricevendola in udienza in Vaticano.

Due volti della stessa realtà che si sono rivelati contemporaneamente. La prima storia, infatti, racconta della vocazione dell’ospedale pediatrico della Santa Sede a offrire a tutti i bambini malati del mondo le stesse cure. È ciò che, per volontà di Bergoglio, sta avvenendo a Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana, dove il Bambino Gesù ha preso in carico la formazione dei medici dell’ospedale governativo. Un progetto nato proprio lì dove Francesco, in anticipo rispetto a Roma, ha aperto la porta santa del Giubileo straordinario della misericordia proclamando così Bangui “capitale spirituale del mondo”.

L’idea di aprire le porte del Bambino Gesù al piccolo Charlie Gard è nata dalla geniale intuizione di don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute, ed è stata lanciata durante la trasmissione “Stanze Vaticane” di TgCom24 curata e condotta dal vaticanista di Mediaset Fabio Marchese Ragona. Un’idea che Mariella Enoc, presidentessa dell’ospedale pediatrico della Santa Sede, non ha lasciato cadere nel vuoto contattando immediatamente il nosocomio londinese dove era ricoverato Charlie assistito dai suoi genitori.

Un impegno concreto di portare prima il piccolo a Roma perché fosse curato al Bambino Gesù e poi, visti gli impedimenti legali imposti dai giudici del Regno Unito, di approntare una cura sperimentale per Charlie affetto da una malattia rarissima e incurabile, la sindrome da deplezione del Dna mitocondriale. Non solo i vertici dell’ospedale pediatrico romano, ma tutta la Santa Sede si era mobilitata per trovare rapidamente una soluzione a partire dal Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, che, insieme con il Papa, ha voluto fortemente la Enoc al vertice del Bambino Gesù.

Una corsa contro il tempo e contro le sentenze dei giudici che alla fine non è stata vana con la morte di Charlie, ma ha messo in luce l’autentica vocazione del Bambino Gesù. Una realtà, che come ha ricordato Bergoglio, “ha avuto una storia non sempre buona quando i medici sono diventati affaristi facendo di un ospedale pediatrico un’impresa. Non si possono fare affari corrotti con i bambini! Il cancro più forte di un ospedale è la corruzione. Oggi una mancia qui, domani una tangente là e si finisce pian piano senza accorgersene nella corruzione. In questo mondo in cui si fanno affari sporchi, il Bambino Gesù deve dire di no. Peccatori sì, corrotti no”.

Le parole di Bergoglio mettono in luce la seconda storia. Si tratta dell’accusa di peculato che il pm vaticano ha rivolto all’ex presidente e all’ex tesoriere del Bambino Gesù, Giuseppe Profiti e Massimo Spina. Entrambi, infatti, sono accusati di aver usato 422mila euro dell’ospedale pediatrico della Santa Sede per ristrutturare l’attico dell’ex Segretario di Stato di Benedetto XVI, il cardinale Tarcisio Bertone (Su questa vicenda il Papa vuole che si faccia chiarezza definitivamente e ha autorizzato lo svolgimento del processo penale già in corso).

Più che le dichiarazioni, in questo procedimento parlano sette fatture emesse dall’impresa Castelli Re di Gianantonio Bandera e pagate dal Bambino Gesù. Ma parla anche eloquentemente una lettera del porporato salesiano, datata 8 novembre 2013, nella quale Bertone scrive a Profiti: “Tengo a confermare che sarà mia cura fare in modo che la copertura economica occorrente alla realizzazione degli interventi proposti nella documentazione che allego venga messa a disposizione della Fondazione a cura di terzi, affinché nulla resti a carico di codesta Istituzione”.

C’è perfino chi ha puntato il dito contro Bergoglio accusandolo di processare in questo modo il pontificato del suo direttore predecessore visto che è molto probabile che il cardinale Bertone dovrà presentarsi nell’aula del Tribunale penale vaticano. Ciò dimenticando, però, che la ristrutturazione dell’attico del porporato salesiano è avvenuta dopo le dimissioni di Benedetto XVI e l’elezione di Francesco e sempre dopo la fine del mandato di Bertone al vertice della Segreteria di Stato. Una vicenda che mostra l’altra faccia del Bambino Gesù, un volto che il Papa non vuole più vedere.

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