Un giorno di questi parlavo al telefono con Andrea Zanoni, capogruppo Pd alla Regione Veneto, che mi riferiva come in poche ore avesse visto mutare il paesaggio davanti a casa. Era arrivata una ruspa, aveva estirpato, scavato, livellato ed erano stati impiantati due nuovi filari di vite. Per produrre cosa? Prosecco, naturalmente, anzi, Glera, come si chiama oggi il vitigno dalle famose bollicine.

“Secondo i dati Istat elaborati da Coldiretti, nel 2014 lo spumante italiano ha sorpassato per la prima volta lo Champagne nelle vendite oltreconfine, grazie a un aumento del 20% nell’export per un totale record di 320 milioni di bottiglie consegnate all’estero”. Nel 2015 il fatturato è stato superiore ai due miliardi di euro. Un successo enorme quello del prosecco, che si consolida anno dopo anno: l’happy hour ed il prosecco sono un matrimonio religioso.

Ma allora, cosa c’è che non va in questo successo made in Italy? C’è che innanzitutto non fa bene alla salute. No, non per l’alcol. Anche, ma soprattutto perché questa coltura intensiva della vite comporta un uso massiccio di pesticidi. Nel trevigiano c’è un agricoltore, si chiama Luciano De Biasi. Lui vorrebbe produrre Prosecco senza pesticidi, col metodo biodinamico, ma non ci riesce: “Anche lo scorso anno ho fatto analizzare un campione di uve ed è risultato non conforme al decreto ministeriale n. 309 del 13.01.2011 perché è stata riscontrata la presenza di ben quattro pesticidi sopra i limiti consentiti”.

I pesticidi sono veleni, hanno dei limiti di utilizzo e la regione nel 2016 ha concesso ben 28 deroghe a questi limiti su richiesta delle associazioni agricole. Una puntata di Report dello scorso anno evidenziò cosa ci sta dietro, sopra e sotto il prosecco.

Ma la regione non si limita a concedere deroghe, elargisce anche contributi per nuovi impianti. E qui veniamo al secondo problema: il paesaggio. L’estendersi della coltura della vite ma anche la sostituzione di vecchi vigneti con nuovi adatti alla meccanizzazione, sta trasformando il paesaggio veneto. Esemplare il caso di Vidor, un comune in cui sono stati segati i cipressi che ricordavano i morti della grande guerra per fare posto a nuovi impianti di Glera.

Dove c’erano boschetti, dove c’erano gelsi o noci, oggi c’è la vite. E non mi stancherò di evidenziare come il cambiamento del paesaggio abbia influenze su di noi. Quel paesaggio celebrato proprio da un poeta veneto, Andrea Zanzotto. La regione targata Zaia sta favorendo un cambiamento non da poco: una monocoltura meccanizzata ad alto impatto ambientale.

Articolo Precedente

Venezia, al posto delle bricole marce c’è l’ipotesi dei pali sintetici. La protesta: “Materiali tossici che costano il doppio”

next
Articolo Successivo

Genova: il Blueprint di Renzo Piano, il Superbacino e tutti i progetti finiti nel dimenticatoio

next