Una innocente chiacchierata al bar, davanti a un bianchino e a un bicchiere d’acqua. Non ci sarebbe niente da “guardare” se la donna fotografata di schiena, la senatrice Patrizia Bisinella, non fosse candidata sindaco di Verona con Fare! (oltre che fidanzata di Flavio Tosi) e l’uomo dall’altra parte del tavolo, Vito Giacino, l’ex vicesindaco di Tosi condannato per concussione – in primo grado e in appello – per le tangenti nell’edilizia scaligera. A condividere la fotografia, comparsa sulla pagina Facebook “Cose divertenti sulla campagna elettorale veronese 2017”, è stato lunedì mattina il consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Ciro Maschio: “Ma è la Bisinella a colloquio con Giacino? – scrive sul suo profilo Maschio – Si fa spiegare come gestire l’urbanistica? #Sicontinua? No grazie! Basta così!”. È la stessa Bisinella, poco dopo, a confermare di essere la persona ritratta nella foto: “In quel bar ci vado sempre e mi conoscono tutti – spiega la candidata sindaco della lista Tosi -, se avessi avuto incontri da ‘nascondere’ sarei andata altrove”.
Ma lo scatto rubato è già entrato nel dibattito della campagna elettorale. E in molti hanno adombrato il sospetto che Giacino abbia ancora una notevole influenza sull’entourage tosiano, in particolare per le questioni urbanistiche. “È ancora Giacino l’assessore all’urbanistica di Tosi-Bisinella?” si chiede il candidato sindaco del M5s, Alessandro Gennari: “La domanda sembra più che legittima: nelle parole e nei fatti, il sindaco e la sua compagna, candidata a succedergli, stanno difendendo il piano urbanistico ideato dall’ex vicesindaco Giacino. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: sono favoriti i colossi commerciali mentre i negozi di vicinato vengono messi alla porta”.
Vito Giacino, potente ex braccio destro di Tosi con delega all’urbanistica e all’edilizia, finì agli arresti nel febbraio del 2014 insieme alla moglie Alessandra Lodi con l’accusa di aver chiesto tangenti, camuffate da consulenze legali per la consorte, dal costruttore Alessandro Leardini. Condannato in primo grado a Verona a cinque anni (con l’interdizione dai pubblici uffici), la Corte d’appello di Venezia ha ridotto la pena a tre anni e quattro mesi (due anni e quattro mesi per la moglie). A breve si esprimerà la Cassazione.