Infermiere e Corpo militare della Croce Rossa rischiano di finire alle dipendenze del ministero della Difesa, intaccando l’autonomia e l’indipendenza della organizzazione umanitaria. La colpa è di un emendamento “salvo intese” al decreto sul terzo settore approvato la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri, su proposta del ministero guidato da Roberta Pinotti. La decisione di dare il primo via libera al trasferimento di circa 5mila Crocerossine e 3.500 volontari del Corpo militare – i cosiddetti ‘corpi ausiliari’ – sotto il controllo della Difesa ha spinto il presidente della Croce Rossa, Francesco Rocca, a parlare senza mezzi termini di “grave attacco all’indipendenza e all’unità” della società di soccorso e assistenza e a chiedere l’intervento di Sergio Mattarella e del premier Paolo Gentiloni.

Critiche da ministero della Salute e Comitato Internazionale
Le critiche alla modifica proposta dalla Pinotti non sono arrivate solo dalla Croce Rossa. A condividerle c’è anche il ministero della Salute che l’11 maggio, il giorno prima dell’approvazione, ha inviato una lettera al dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio e agli uffici legislativi dei ministeri del Lavoro e della Difesa. Nella nota ufficiale, che ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere, si parla di una modifica “non condivisibile” e si avanza il dubbio che l’emendamento sia viziato “sotto il profilo dell’eccesso di delega”. Non solo. Quando nel 2016 fu fatto un primo passo verso il trasferimento di Crocerossine e Corpo militare sotto il controllo del ministero, Pinotti aveva ricevuto una lettera da Peter Maurer, presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa, nella quale si esprimeva “paura” per la riforma e si ricordavano i principi di unità e indipendenza dell’organizzazione. Alla luce dell’emendamento approvato in Consiglio dei ministri e ora al vaglio delle commissioni parlamentari, l’appello è evidentemente caduto nel vuoto.

Su cosa si basa la modifica
La modifica ruota tutta attorno alla trasformazione della Croce Rossa in seguito a un decreto legislativo del 2012 che ha reso l’ex ente di diritto pubblico un’associazione di diritto privato. A ciò si aggiunge il decreto ministeriale del 26 marzo 2016 che, come ha spiegato il deputato del Pd Andrea Manciulli, prevede che siano “i vertici dei Corpi volontari che sottoscrivono la programmazione ed il resoconto delle spese sostenute con il contributo erogato annualmente dal ministero della Difesa”. Infermiere e Corpo militare sono già dotati, sostiene insomma il parlamentare dem, di una sostanziale autonomia rispetto alla componente civile dell’associazione, essendo di fatto pubblici.  “Confido – spiega ancora Manciulli, presidente della delegazione parlamentare presso l’assemblea della Nato – che l’associazione voglia continuare a collaborare per costituire la Fondazione che contemperi le esigenze associative con le ineludibili e prioritarie esigenze di controllo sul corretto e trasparente utilizzo dei soldi dei contribuenti che la Difesa ha sempre erogato”.

Cosa comporterà e la contrarietà di Cri
Se la modifica non dovesse essere rivista, secondo il presidente Rocca, lo scenario sarebbe molto più complesso. “Si tratta di una grave violazione del nostro principio di indipendenza. E non riesco a comprendere perché hanno presentato questo emendamento”. Si tratta anche di una questione legata al controllo finanziario, come sostiene Manciulli? “Non credo. Avrebbero potuto implementare i meccanismi di controllo che comunque, finora, non hanno evidenziato defaillance. Se questa storia dovesse arrivare fino in fondo, rischiamo una brutta figura a livello internazionale”, avverte Rocca. Alla luce delle convenzioni di Ginevra, firmate anche dall’Italia, la Croce Rossa ha infatti autonomia totale e i suoi corpi ausiliari, quando operano in scenari di guerra, seguono l’esercito e curano i feriti delle battaglie. Mentre il compito di aprire ambulatori per la popolazione civile in un contesto nel quale l’esercito del proprio Paese è “occupante” spetta al Comitato internazionale della Croce Rossa. Questa distinzione – dicono i critici della riforma – potrebbe non essere più garantita in seguito alle modifiche volute dal ministero della Difesa che mina anche l’unità dei tre corpi della Croce Rossa.

Il ministero della Salute: “Non condividiamo”
Le perplessità del presidente della Cri non sono un caso isolato. Anche il ministero della Salute ritiene “non condivisibile” la proposta della Pinotti. In una lettera firmata dal capo dell’ufficio legislativo Maurizio Borgo, inviata il giorno prima del Consiglio dei ministri alla Presidenza del consiglio e ai ministeri del Lavoro e della Difesa, si parla di emendamento “viziato sotto il profilo dell’eccesso di delega legislativo” e si evidenzia che “la proposta in esame è in contrasto con il ruolo e le funzioni” demandate alla Croce Rossa dal decreto legislativo del 2012, poiché questo prevede che solo nelle “more della costituzione della Fondazione, il ministero può stipulare le convenzioni direttamente con i corpi ausiliari” e quel decreto “non ha modificato il modello organizzativo” della Cri, “fondato, come previsto dalle Convenzioni di Ginevra, di cui l’Italia è firmataria – ricorda Borgo – sul principio dell’unità e dell’indipendenza”. Gli accordi svizzeri, infatti, garantiscono alla Cri di essere la sola ed esclusiva titolare dei rapporti con le Forze Armate per l’esercizio delle funzioni ausiliare.

La lettera di Ginevra alla Pinotti. E il silenzio della Difesa
“Grandi preoccupazioni per il progetto di modifica” e “paure” per l’autonomia decisionale e l’azione della Croce Rossa Italiana erano state espresse da Peter Maurer. Il presidente del Comitato internazionale lo aveva scritto chiaramente alla Pinotti in una lettera datata 30 giugno 2016 nella quale trattava anche il tema della possibile “supervisione e controllo dei poteri pubblici” sulla Cri. Un anno dopo, siamo punto e a capo. Per quale motivo? Ilfattoquotidiano.it ha provato a chiederlo alla Difesa, inviando alcune domande all’ufficio stampa del ministero. Al momento, dalle stanze di via Venti Settembre non è giunta alcuna risposta.

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