Theresa May, premier inglese ultraconservatrice, favorevole alla Brexit, con una visione politica non lontana da quella di Trump, in questi giorni è nominata per aver detto che “Non avere figli è il dramma della mia vita”. Se avesse detto esattamente questo avrebbe attribuito uno stigma sulla testa di tutte le donne che non hanno figli, non possono averli, non vogliono averli. In realtà, ascoltando l’intervista data a Lbc leaders live, si capisce che non dice questo. Le testate giornalistiche inglesi sono piene di considerazioni su questo fatto senza tuttavia precisare che lei ha parlato del suo sentire e della sua esperienza. Così anche alcune testate italiane.

Di tutte le cose che si potrebbero dire sul suo conto, questa è assai vicina ad un gossip che annacqua il resto del dibattito in vista delle nuove elezioni. In questo modo, da un lato la May attira le simpatie di integralisti, religiosi, persone disperate per non aver potuto avere figli, dall’altro la sua confessione viene accolta con freddezza da parte di chi ritiene che questa sia una maniera per attirare un certo tipo di elettorato legato ai valori della famiglia e del ruolo della donna in senso riproduttivo.

È anche vero che quel che dice non può essere trattato come l’affermazione della zia Filippa dal droghiere: stiamo parlando pur sempre di un premier e quello che dice diventa una lezione di valore, sottratto a chi non ha figli e restituito a chi invece li ha. La mancanza che lei esprime a completamento del suo essere donna, con l’ipotesi che avendo avuto un figlio sarebbe stata diversa, diventa un motivo di critica nei confronti di altre donne. E dato che non crederò mai che la comunicazione politica di un premier sia così spontanea, devo dire che ogni battuta ha il suo preciso peso.

Ma perché soffermarsi su una cosa così ovvia e che umanizza il personaggio? Si potrebbe parlare della Brexit e di come Theresa May intende accelerare l’uscita della nazione dall’Unione Europea. Si può parlare della maniera in cui saranno trattate le persone migranti e di quel che oggi si pensa di tutti loro solo in virtù di pregiudizi razzisti. Basti ricordare la reazione della May su Banksy e il suo ultimo murales, in cui viene picconata una stella simbolo di uno dei paesi europei.

Si può parlare del fatto che avrebbe espresso l’idea di reintrodurre la caccia alla volpe, cosa che fa infuriare animalisti di ogni parte del mondo. Si può parlare anche del fatto che dopo pochi mesi dall’avvio dei lavori la May avrebbe deciso di sciogliere la commissione di inchiesta sugli abusi di bambini nell’ambito della famiglia. Questo dopo che, con varie giustificazioni, il lavoro della commissione d’inchiesta era stato comunque reso impossibile. La May è stata travolta da questo fatto a fine 2014 e da allora si porta dietro un bel po’ di critiche che hanno a che fare con la maniera in cui si era deciso di monitorare l’incolumità del bambini. Dunque, il fatto di parlare di figli, dolori intimi, gocce di desideri privati, potrebbe non rappresentare una casualità. Piuttosto, potrebbe far parte di una campagna di recupero consensi anche all’interno del gruppo conservatore dove gli abusanti non sono precisamente considerati individui la cui responsabilità va affidata al caso.

Il fatto che lei abbia concesso un po’ di commozione ai microfoni di chi l’ha intervistata non è dunque per me un valido motivo per rilanciare, esasperandole, le sue parole affinché si collabori alla sua esigenza di far circolare la sua idea di famiglia e di quel che una donna potrebbe essere con i figli grazie alla quale May potrà bucare media che altrimenti non le concederebbero così tanta attenzione. Ricordo che la svendita elettorale del piano privato ci è giunta fino a casa, quando l’allora premier Silvio Berlusconi inviò a chiunque un book fotografico che lo immortalava come uomo legato alla famiglia, assieme a una moglie che poco tempo dopo lo avrebbe mollato tramite lettera pubblica e dei figli il cui reale pensiero circa l’operato paterno non conosciamo.

Ricordo anche le varie apparizioni di Renzi e famiglia, nel giorno dell’insediamento del governo e del suo primo giorno da premier, con i figli vestiti in abiti i cui colori formavano l’insieme della bandiera italiana. Non ultima la ministra Boschi che un bel giorno concesse un’intervista in cui parlava del sogno di diventare moglie e madre, coerente a quel che il suo governo esprimeva a proposito di valori familiari e di ruoli di genere.

Theresa May, dunque, non è né la prima né l’ultima a presentare uno schema familiare che rassereni l’elettorato. Non ha figli, dunque, il dispiacere per non aver potuto averne. Qualcuno dice che avrebbe potuto adottarne, ma è così che ci si allontana dalle vere questioni politiche e una questione politicamente seria è che se i conservatori riescono a ottenere la dirigenza di quel governo, molte cose cambieranno. Per tutti, per migranti, per le persone che credono nei valori della solidarietà, per le stesse donne.

Chiedetele piuttosto cosa ne pensa dell’aborto, delle unioni gay, delle famiglie omogenitoriali, della moralità di donne che non hanno voglia di seguire norme anacronistiche. Chiedeteglielo e poi immaginate come potrà essere quella nazione in futuro.

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