"Non moriva la
Patria in quei giorni, luttuosi e concitati. Tramontava, invece, una
falsa concezione di nazione, fondata sul
predominio, sul disprezzo dell’uomo e dei suoi diritti, sull'esaltazione della morte e sulla
tirannide; una concezione di
barbarie, che pure, per numerosi anni, aveva coinvolto tanti e affascinato tante menti". Lo afferma il presidente della Repubblica
Sergio Mattarella intervenendo al teatro di
Carpi per la festa della Liberazione, dopo aver deposto una corona d'alloro al Monumento dei caduti in piazza dei Martiri.
Senza la Resistenza "non vi sarebbe l’Italia
libera e democratica, non avremmo conosciuto una stagione così duratura e feconda di sviluppo civile, di promozione dei diritti, di pace", ha detto il Capo dello Stato, sottolineando come la Resistenza vada ricordata "senza odio né rancore, ma con
partecipazione viva e convinta". E è tornato a paragonare l'incubo del nazifascismo a quello attuale del terrorismo. "Oggi, di fronte alla minaccia di un nemico insidioso e vile, che vorrebbe instaurare, attraverso atti di
terrorismo, una condizione di paura, di dominio, di odio" ancora una volta rispondiamo "che noi non ci piegheremo alla loro violenza e che
non prevarranno".
Il capo dello Stato sfiora anche la questione che ha provocato la lite tra Anpi e Comunità Ebraica a Roma e i due cortei separati: "Vi furono uomini liberi che sbarcarono nell’Italia occupata e versarono il loro sangue anche per la nostra libertà - dice Mattarella - A questi caduti, provenienti da nazioni lontane, rivolgiamo un pensiero riconoscente, il loro sangue è quello di nostri fratelli. Tra questi non possiamo dimenticare i
5mila volontari della Brigata ebraica, italiani e non italiani, giunti dalla Palestina per combattere con il loro vessillo in
Toscana e in
Emilia Romagna".
"Non si può comprendere la Resistenza, il suo significato, la sua fondamentale importanza nella storia d’Italia, se non si parte dalla sua radice più autentica, quella della
rivolta morale", ha continuato Mattarella. "Una rivolta contro un sistema che aveva lacerato, oltre ogni limite, il senso stesso di
umanità inciso nella coscienza di ogni persona". Il capo dello Stato ricorda che "vi fu una reazione diffusa e corale": "Vi furono le avanguardie che, prendendo le armi, costituirono le formazioni partigiane. Vi furono i militari italiani che, come a
Cefalonia, si ribellarono al giogo tedesco, pagando un altissimo tributo di sangue, o che combatterono accanto ai nuovi alleati, nel nome degli ideali, ritrovati, di libertà e democrazia. Vi furono quei più di
600mila soldati, che rifiutarono di servire l’oppressore sotto il
governo di Salò e che vennero passati per le armi, torturati, deportati nei campi di prigionia in Germania. Vi furono gli
operai che
scioperarono nelle fabbriche, gli
intellettuali che diffusero clandestinamente le idee di libertà, le
donne che diedero vita a una vera e propria
rete di sussistenza per partigiani, perseguitati e combattenti. Vi furono uomini liberi che sbarcarono nell’Italia occupata e versarono il loro sangue anche per la nostra libertà. A questi caduti provenienti da nazioni lontane, rivolgiamo un pensiero riconoscente. Il loro sangue è quello dei nostri fratelli".
Alla cerimonia, a cui erano presenti il sindaco di Carpi,
Alberto Bellelli, e il presidente della Regione Emilia-Romagna,
Stefano Bonaccini, sono intervenuti
Germano Nicolini, già comandante partigiano, e lo storico
Adriano Prosperi, mentre gli studenti della Scuola G.Verdi hanno eseguito l’Inno Nazionale e "Bella ciao". La mattinata è proseguita con una visita privata di Mattarella al museo del Deportato. Nel pomeriggio, infine, il Capo dello Stato visiterà il campo di concentramento di
Fossoli, a pochi chilometri dalla cittadina emiliana.