È tra le patologie considerate ancora senza cura. Una malattia neurodegenerativa che costringe la mente in una gabbia, lasciando intatte le attività cerebrali, ma minando progressivamente funzioni vitali elementari, come camminare, deglutire e parlare. La scoperta di un potenziale bersaglio terapeutico per bloccare la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) potrebbe essere una nuova arma nella estenuante lotta dei ricercatori per trovare una cura: si tratta di una proteina, l’’ataxina 2′. Riducendone la concentrazione nel sistema nervoso sembra possibile fermare la malattia come rivela uno studio preliminare su animali condotto presso la Stanford University in California e pubblicato sulla rivista Nature. La malattia è caratterizzata dall’accumulo di una molecola – TD-43 – nelle cellule nervose, in quantità che sono tossiche per le cellule stesse. Tuttavia non è percorribile a fini terapeutici la strada di ridurre la produzione di questa molecola, perché la sua presenza è importante per la salute del cervello. Gli esperti hanno visto, però, che riducendo la concentrazione di un’altra molecola, l’ataxina 2 appunto, si possono fermare gli accumuli tossici di TD-43. Colpire l’ataxina 2 è potenzialmente sicuro perché la molecola non ha funzioni cruciali per il cervello. Gli esperti hanno prima osservato che, modificando geneticamente topolini destinati ad ammalarsi di Sla in modo tale che producano solo metà o per niente ataxina 2, si vede che questi topi restano protetti dalla malattia e vivono molto più a lungo. In un secondo esperimento gli esperti Usa hanno somministrato un farmaco sperimentale (attualmente in corso di sperimentazione in test clinici per altre malattie) che blocca la produzione di ataxina a topolini destinati ad ammalarsi di Sla e visto che tale farmaco previene di fatto la malattia aumentando moltissimo l’aspettativa di vita degli animali. Bisognerà capire ora se i farmaci anti-ataxina funzionano anche a malattia già iniziata e poi naturalmente passare ai test su pazienti.

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