Arriva in parlamento la proposta di legge che salva i piccoli debitori delle banche. Si tratta di una sorta di “aiuto”, poco gradito a banche e fondi che speculano sui crediti deteriorati, i famigerati Non performing loans (Npl). Ma è anche una soluzione che salverebbe famiglie, piccoli imprenditori e liberi professionisti con debiti inferiori ai 500mila euro. La proposta di legge, depositata in commissione Finanze della Camera dall’onorevole Giovanni Paglia di Sinistra Italiana, potrebbe infatti incidere su ben 59 miliardi di sofferenze, pari a un terzo dell’intero ammontare dei crediti deteriorati in Italia (197 miliardi di cui 139 dovuti alle morosità dei grandi clienti). In che modo? Stabilendo per legge la possibilità per il piccolo debitore di acquistare il suo credito “deteriorato” al prezzo al quale la banca lo sta vendendo. “Con una remissione del debito il cliente potrebbe chiudere la partita in sofferenza pagando circa il 10% o il 20%” di quanto dovuto, si legge nel testo della proposta. “Dall’altra parte, le banche subirebbero la stessa perdita che deriverebbe dalla cessione, ma senza aver trasferito all’estero un guadagno speculativo (spesso sottratto anche all’Erario italiano) realizzato dai fondi acquirenti”, prosegue il documento. Si tratta in sintesi di un “Giubileo bancario”, che peraltro “consentirebbe ad una platea di circa 10 milioni di debitori di uscire dall’angoscia delle esecuzioni immobiliari, realizzerebbe anche i principi di uguaglianza sostanziale e di “favor debitoris” rispettivamente enunciati dalla Costituzione e dal Codice civile”, continua il testo della proposta.

Il meccanismo proposto dall’onorevole Paglia è semplice, ma efficace sia in termini economici che sociali: se la proposta dovesse diventare legge, allora i debitori potranno richiedere entro fine anno una transazione stragiudiziale “per la restituzione, a saldo di quanto dovuto, di un importo non superiore al valore netto delle loro singole esposizioni, come risultanti dal bilancio al 31 dicembre 2016 della banca o dell’intermediario finanziario destinatario della istanza”. Ciò sarà possibile però solo se i crediti risultino in sofferenza già al 31 dicembre del 2016 alla Centrale Rischi. Dal momento della richiesta poi, la banca avrà 30 giorni di tempo per comunicare in forma scritta il valore contabile dei crediti vantati con l’indicazione dei relativi accantonamenti stanziati per le previsioni di perdita al 31 dicembre 2016. A vigilare sui tempi ci sarà Bankitalia che dovrà definire un pacchetto di sanzioni in caso di ritardi o inadempienze del creditore. Inoltre banche e intermediari non potranno “rifiutare la proposta transattiva, qualora l’importo offerto in pagamento dal debitore coincidesse con il valore netto di bilancio di ciascuno dei crediti”. E nel caso intendano cedere a terzi in toto o in parte un credito classificato a sofferenza, le banche dovranno informare il debitore che avrà 90 giorni di tempo per sostituirsi al potenziale acquirente del suo credito.

Se la proposta dovesse passare, secondo Paglia, se ne trarrebbero diversi benefici. Le banche registrerebbero perdite inferiori rispetto a quelle conseguenti alle vendite a fondi speculativi e si libererebbero delle sofferenze limitando gli aumenti di capitale senza cedere il controllo del sistema bancario a investitori stranieri. Ma soprattutto “decine di migliaia di famiglie potrebbero tornare alla serenità avendo a disposizione, in prospettiva, un nuovo reddito spendibile per sostenere la domanda interna – si legge nella proposta – migliaia di imprese potrebbero tornare a produrre inducendo gli imprenditori che ci credono a capitalizzarle adeguatamente”. Infine “si eviterebbe che le perdite delle banche si trasformino in guadagni di fondi speculativi esteri”, precisa il documento. Certo resterebbe in piedi il tema dei grandi debitori sulle cui sofferenze il presidente della Commissione Finanze della Camera, Maurizio Bernardo, ha intenzione di avviare un osservatorio.

Non resta che chiedersi se la proposta di Paglia riuscirà a diventare legge. Contabilmente i presupposti ci sono visto che attualmente le banche stanno cedendo gli Npl ad un controvalore compreso tra il 10 e il 30% del valore originario del credito. Un livello che potrebbe essere alla base della rinegoziazione per il piccolo debitore. Senza contare che, nei termini della proposta di legge, gli istituti potrebbero avere anche dei vantaggi fiscali dalla cessione del credito al cliente moroso. Tuttavia l’operazione non è affatto in discesa perché le banche sono interessate ad incassare, rapidamente e in blocco, il denaro dei prestiti incagliati senza ulteriori trattative con i creditori. Per non parlare del fatto che la lobby della finanza non vuole perdere l’occasione di macinare profitti attraverso i fondi speculativi che lucrano dalla differenza fra il prezzo d’acquisto e quello di vendita dell’Npl. Ma è indubbio, conclude il testo, che “quello delle sofferenze bancarie è un nodo che va risolto rapidamente altrimenti sarà impossibile rimettere in moto il motore del credito, pilastro fondamentale per far ripartire l’economia e riportare il nostro Paese sul sentiero della crescita”.

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