“I vertici della Juventus non sapevano chi fosse Rocco Dominello“. “Come è possibile che nessuno della società si sia chiesto chi fosse quel signore?”. E ancora: “La ‘ndrangheta nelle tifoserie c’è e preoccupa che voi neghiate il fenomeno”. Sono due ore di tensione e dure repliche quelle che sono andate in scena in commissione Antimafia tra il legale bianconero Luigi Chiappero e la presidente Rosy Bindi. La difesa dell’avvocato, audito riguardo alle infiltrazioni criminali nella curva bianconera e i presunti ‘contatti’ tra dirigenti e tifosi, si è concentrata sul fatto che il club era inconsapevole di chi fosse Dominello, coinvolto nell’indagine Alto Piemonte e ritenuto dai pm uno ‘ndranghetista, con cui aveva rapporti il security manager Alessandro D’Angelo. “Come è possibile che nessuno della società si sia chiesto chi era quel signore?”, ha replicato la Bindi. Chiappero però ha insistito: “Io posso aver sbagliato a non denunciare il tentativo di estorsione, ma non è una querela per diffamazione a mezzo stampa, mi aspetto che si proceda d’ufficio”. Allora la Bindi: “Non si chiamano estorsioni quelle in cui c’è un po’ di collaborazione, è tipico delle mafie”.

La difesa dei bianconeri è legata agli atti dell’indagine penale Alto Piemonte, da cui è emerso l’interesse e il business di presunti criminali legati alla ‘ndrangheta nella gestione dei biglietti dello Juventus Stadium e un presunto ‘patto’ legato alla cessione di biglietti e alla tolleranza del bagarinaggio in cambio della garanzia di avere la “pace” in curva. “Non c’è una intercettazione che riguardi il presidente della Juventus, mai un riferimento a un incontro, mai”, ha detto il legale. Una situazione di cui Andrea Agnelli – che la Bindi ha confermato che sarà ascoltato dalla commissione – sarebbe stato allo scuro, secondo Chiappero: “Ci sono due telefonate tra il presidente e Alessandro D’Angelo, il security manager, e sei telefonate in cui terze persone parlano del presidente in modo irrilevante relativamente ai biglietti”, ha spiegato il legale, che tornerà in Antimafia mercoledì prossimo per concludere la sua audizione.

Poi toccherà allo stesso Agnelli, come annunciato dalla presidente Rosy Bindi. “Accertato che esiste il fenomeno” delle presenze delle criminalità organizzate nelle tifoserie, “siamo preoccupati che voi lo neghiate. Il controllo della sicurezza avviene grazie alla ‘ndrangheta. Non si tiene la sicurezza di uno stadio dando i biglietti agli ultras”, ha detto la parlamentare Pd. “I biglietti continuate a darglieli perché vengano venduti al bagarinaggio?”, ha chiesto Bindi. “Certo che no”, la risposta dell’avvocato, secondo cui “bisogna distinguere tra quanto avvenuto fino a luglio 2016 e quanto avvenuto dopo”, poiché fino a quel momento la Juve non avrebbe potuto sapere chi fosse Rocco Dominello. “Io posso aver sbagliato a non denunciare” il tentativo di estorsione, ha aggiunto Chiappero, “ma non è una querela per diffamazione a mezzo stampa, mi aspetto che si proceda d’ufficio”. Pronta la replica della Bindi: “Non si chiamano estorsioni quelle in cui c’è un po’ di collaborazione, è tipico delle mafie”.

L’inchiesta penale, ha ricordato Chiappero, parla “di una persona attualmente sottoposta a processo per associazione ‘ndranghetista il cui nome è Rocco Dominello, e racconta che il nostro security manager, Alessandro D’Angelo, era deputato a rapportarsi con coloro che rappresentavano la tifoseria. Questa persona era ed è al momento incensurata”. Poi si chiede: “Il security manager della Juve, parla con un signore che viene dalla curva, che ha un certificato penale pulito. La Digos non ha mai segnalato di uno ‘ndranghetista alla Procura. Doveva accorgersi D’Angelo che questo signore aveva delle caratteristiche diverse da quelle che manifestava?”.

All’interno del memoriale inviato alla procura di Torino nel quadro dell’inchiesta Alto Piemonte, Andrea Agnelli assicurò che non ci sono stati “né sconti né omaggi” in occasione della cessione di biglietti della Juve a gruppi ultras. Il presidente spiegava in quelle pagine che ad occuparsi della questione fu Alessandro D’Angelo, capo della sicurezza del club. Ma dalle indagini è emerso che un ex capo ultras – per il quale i pm hanno chiesto il rinvio a giudizio assieme ad altre 22 persone, alcune legate alla cosca Pesce-Bellocco – avrebbe messo in contatto un componente della famiglia Dominello con la dirigenza della Juventus. Gli inquirenti parlano di una certa ‘tolleranza’ del bagarinaggio legato alla ‘pace nella curva’. A carico della società bianconera non sono emersi tuttavia reati penali – non figura però neanche come parte lesa – e le carte sono passate alla procura della Figc.

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