Uno spot realizzato dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma in programmazione sulle reti Rai dal 9 marzo e una campagna social #paesaggioitaliano sugli account ufficiali del MiBACT e di RadioTre Rai, l’hanno pubblicizzata, dopo la presentazione del 7 marzo. Così il Premio e la Giornata nazionale del Paesaggio del 14 marzo non sono sembrati eventi estemporanei. D’altra parte le Soprintendenze Archeologia, Belle Arti e Paesaggio si sono impegnate “in iniziative di sensibilizzazione e di riflessione sul tema”, mentre i Musei del Mibact hanno organizzato “incontri e approfondimenti incentrati sulle opere delle collezioni che raffigurano paesaggi”.

“L’obiettivo è promuovere la cultura del paesaggio in tutte le sue forme e sensibilizzare i cittadini sui temi ad essa legati… In attuazione della Convenzione Europea del Paesaggio si richiama il Paesaggio quale valore identitario del Paese e si trasmette, soprattutto alle nuove generazioni, il messaggio che la tutela del Paesaggio e la memoria storica che ne deriva costituiscono valori culturali essenziali per uno sviluppo consapevole del territorio”. Principi ispiratori e fini, enunciati con enfasi. Al punto che si potrebbe pensare che davvero il Paesaggio sia al centro di un progetto e costituisca l’imprescindibile elemento da tutelare, come recita l’articolo 9 della Costituzione.

Quanto la realtà italiana sia differente lo indiziano le politiche non solo nazionali, in tema di urbanistica, ambiente e beni culturali. Quanto il paesaggio al quale si è deciso di dedicare un Premio ed una giornata sia svilito e deturpato quasi in maniera sistemica lo evidenzia quel che accade nei territori e nelle città. Non si tratta solo di un colpevole abbandono e quindi progressivo degrado di aree archeologiche e monumenti. E neppure di musei, di piccola e media grandezza, costretti a sopravvivere. In alcuni casi, addirittura alla chiusura. Non perché tutto questo sia giustificabile, non potrebbe esserlo.

Ma la sofferenza del patrimonio culturale è tutt’altro che un male recente: la difficoltà a provvedere ai bisogni quantomeno di manutenzione del nostro grande patrimonio storico-artistico-archeologico è un problema antico. Non si tratta soltanto dei crolli di tratti delle mura Aureliane, a Roma e di quello più recente delle mura della villa medicea di Poggio a Caiano; neppure delle distruzioni provocate dai ripetuti sismi nel centro-Italia a chiese, musei, abbazie e palazzi storici. A fare la differenza c’è molto di più. Molto di peggio. Ci sono le misure che Matteo Renzi, Dario Franceschini e Marianna Madia hanno escogitato per riformare le Soprintendenze, ridimensionarne il ruolo, misure che alleggeriscono la tutela, la sguarniscono degli strumenti per operare fattivamente sui territori. Come se la salvaguardia, sia di ambienti naturali che antropizzati, fosse sempre un impedimento. Un ostacolo da superare.

Così, dismessa la tutela il mantra è diventata la valorizzazione, realizzata quasi a prescindere, in maniera tanto spregiudicata da confondersi sempre più con un’operazione commerciale. Aree archeologiche, Musei e Palazzi storici trasformati in location temporanee per sfilate di moda, cene di gala, set cinematografici e sagre dedicate a qualche prodotto locale. I fautori di questo nuovo modo di utilizzare il patrimonio sostengono che con i proventi di questi affitti temporanei si possa provvedere a fare manutenzione di quello che altrimenti non ne godrebbe. Ma il dubbio che i benefici di questa gestione siano inferiori ai danni, diretti ed indiretti ai singoli Beni, esiste. Anzi si rafforza. Già perché le politiche nazionali in tema di valorizzazione trovano ampio sostegno in ambiti locali.

Così cresce il numero di siti nei quali festeggiare matrimoni, celebrare eventi, organizzare convention. L’idea che il paesaggio sia al servizio di chi abbia la possibilità di pagarne l’affitto, seppur temporaneo, continua a farsi pericolosamente strada. La convinzione che il Paesaggio a pagamento sia l’unica soluzione possibile si rafforza. Erroneamente. Perché gli spazi e i luoghi che costituiscono i Paesaggi non possono essere vincolati dagli eventi in cartello. Perché diminuirne la tutela per esaltarne la valorizzazione vuol dire derubricarne i caratteri che li rendono unici. Anche per questo la celebrazione della giornata del paesaggio è solo un evento. Sfortunatamente fine a se stesso.

Articolo Precedente

Rifiuti urbani e capitali umani, una riflessione eco-sociale

next
Articolo Successivo

Trump: “Via i limiti fissati da Obama sulle emissioni inquinanti delle auto”

next