La domanda che tutti hanno in testa la fa Hélène sull’ultimo tgv Parigi-Lione del venerdì sera. “Quanto manca alle dimissioni di François Fillon?”. Il suo compagno di viaggio ride e poi riabbassa la testa sul libro che tiene sulle ginocchia perché la politica, persino in Francia, non è più un argomento di cui si parla volentieri. Il treno è pieno murato: mentre il candidato dei Repubblicani è sommerso dalle polemiche per l’accusa di uso improprio di fondi pubblici, la campagna elettorale per le elezioni presidenziali si trasferisce per due giorni a Lione tra misure di sicurezza eccezionali e paura di nuovi attentati. Solo poche ore prima c’è stata l’aggressione di un terrorista al museo del Louvre: si fa finta di niente, mentre le città francesi alzano ancora di più i livelli di sicurezza. In programma sabato 4 e domenica 5 febbraio ci sono i comizi di due dei candidati più forti in questo momento, l’ex socialista Emmanuel Macron e la leader del Front National Marine Le Pen. Il primo viene, tra le altre cose, perché nella ville che fu operaia e di sinistra, oggi governa il socialista Gérard Colomb che è tra i suoi più fedeli sostenitori; la seconda perché nella città dei Galli, come lei non perde occasione di ricordare, organizza convention dal 2012 e le ha sempre portato fortuna. In quella che sembra una guerra di trincea più che una sfida a distanza si inserisce, con effetti speciali, anche il candidato di sinistra Jean-Luc Melenchon: domenica pomeriggio farà il suo intervento in contemporanea alla leader del Front National, mentre un suo ologramma sarà proiettato pure a Parigi.

Il Paese stremato assiste incredulo ai colpi di scena di una campagna elettorale che, invece di avvicinare i cittadini alla politica, sembra volerli allontanare definitivamente. Le ultime due settimane hanno regalato la caduta di Fillon: lui, il candidato che si presentò come simbolo dell’onestà in politica, è accusato di aver destinato illegalmente fondi a moglie e figli per incarichi fittizi. Da quasi due settimane resiste attaccato con le unghie alla poltrona del suo quartier generale, ma a farlo fuori ci pensano i sondaggi. “Stiamo affondando come l’orchestra del Titanic”, ha commentato il deputato vicino a Sarkozy Georges Fenech mentre i suoi colleghi di partito firmavano un appello a sostegno dello stesso Fillon su Le Figaro. Se ci mettono tanto a sfiduciarlo è solo perché manca un piano e soprattutto un sostituto: il candidato dei Repubblicani è stato incoronato con le primarie e c’è, volenti o nolenti, da tenere conto della volontà degli elettori. Molto più facile sarebbe se fosse stato scelto direttamente dal partito. Alain Juppé, il secondo classificato, si è messo sulle barricate: “Non sarò il vostro piano B”. ha detto senza nemmeno sforzarsi di nascondere il rancore. Il dubbio è chi mandare in pasto agli umori sempre più sfavorevoli. L’ultima rilevazione è quella di Odoxa, pubblicata da France Info: il 61 per cento dei francesi pensa che il candidato debba fare un passo indietro. Ogni ora che passa è sempre peggio e la soluzione non è facile per niente. In ogni caso, secondo fonti interne al partito, Fillon non può reggere più di una settimana.

Nemmeno se lo avesse sognato, Emmanuel Macron sarebbe riuscito ad immaginarsi un regalo così grande. Il “ragazzotto” ex ministro dell’Economia, è quello giovane che ha avuto il coraggio di uscire dalla nave dei socialisti che affondava al momento giusto. Gli hanno dato del pazzo, gli hanno detto che doveva avere pazienza e ora è lui il volto a cui tutti si affidano per sfidare l’estrema destra di Marine Le Pen. Macron ha saputo fiutare il vento e ha evitato come la peste le primarie della coalizione di sinistra (la cosiddetta Belle Alliance Populaire, etichetta che strappa sempre una risata nelle conversazioni da bar). Nemmeno ha presentato un programma prima di oggi per evitare che la campagna elettorale delle primarie Ps fosse sulle sue posizioni. Ha scelto di mettersi alla guida del movimento En Marche, quasi a dirlo pubblicamente che la politica dei partiti a lui non piace. Lo seguono in tanti e con l’entusiasmo di chi vuole rovesciare il tavolo nella posizione di new entry. Che un ex banchiere si presenti come nuovo fa un po’ ridere? Pazienza, quando c’è una battaglia più grande da fare i dettagli se li dimenticano tutti.

Marine Le Pen, raccontano i suoi, se potesse parlare direbbe che lo detesta. E’ il volto pulito che può raccogliere voti a destra e al centro, che può davvero infastidire la sua corsa per l’Eliseo. “Sa solo sorridere in continuazione, piace alla stampa, ma finirà anche lui in niente”, racconta in privato. Eppure è sempre più forte e lei prima o poi dovrà farci i conti. Intanto è venuto a rovinarle il suo weekend. La leader del Front National ha passato le ultime settimane il più in disparte possibile: è il nemico da battere e sa che ogni uscita è rischiosa. La campagna per le presidenziali è la grande occasione per la figlia di Jean-Marie: data quasi per certa al secondo turno, l’obiettivo è saper cogliere, o creare, quell’ondata populista che ha portato negli Usa alla vittoria di Donald Trump. Non è facile e non è la stessa cosa. Nella due giorni di Lione intanto la Le Pen presenterà il suo programma: ci saranno prima dibattiti e tavole rotonde, poi il suo discorso di chiusura domenica pomeriggio. Il candidato de la France Insoumise Jean-Luc Melenchon parlerà poco distante per dare un segnale: che c’è una Francia che resiste ai discorsi nazionalisti, ad esempio. Il primo round se lo giocheranno sui numeri e su chi riuscirà a resistere sulle prime pagine dei giornali fino a lunedì mattina. Sempre che Fillon non crolli nel frattempo.

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