“Aveva dato la sua disponibilità a compiere attentati ma non ci sono riscontri su una sua reale e imminente capacità di esecuzione”. Così ha detto il questore di Milano Antonio De Iesu durante la conferenza stampa per il fermo del 30enne marocchino Nadir Benchorfi, sospettato di essere un aspirante terrorista dell’Isis.

“Sono certi i suoi legami con una cellula di 25 foreign fighters partiti tra il 2012 e il 2014 dalla Germania per combattere con lo Stato Islamico, l’ha conosciuta in quegli anni durante la sua permanenza nel Paese – ha spiegato Claudio Ciccimarra, dirigente della Digos – È rimasto in contatto con due cugini a capo della brigata da quando è tornato in Italia, ha manifestato in più occasioni la sua disponibilità a combattere per la causa dell’Isis ma ha sempre chiesto un supporto tecnico (armi, per esempio) e logistico. Non ci risulta che questi inviti siano stati ascoltati.

Secondo quanto riferito dagli investigatori, il marocchino ha detto al pm milanese di aver agito per timore di ripercussioni da parte dello Stato Islamico. L’ipotesi che l’obiettivo potesse essere un centro commerciale è dovuta al fatto che negli ultimi anni, nonostante sia ufficialmente un elettricista, ha lavorato all’interno di grandi strutture commerciali lombarde nel settore alimentare. “Le indagini sono partite nel settembre scorso dopo una segnalazione ricevuta da una fonte confidenziale – ha continuato Ciccimarra – Le attività di intercettazione e monitoraggio dei flussi economici ci hanno permesso di avere molte conferme. Il sospettato riceveva le indicazioni per l’invio di soldi a combattenti, per lo più foreign fighters, attraverso money transfer. Versamenti da 50 a 600 euro per volta e in diversi Paesi africani e mediorientali. In totale ci risultano 6mila euro di rimesse”

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