Una canzoncina infantile degli anni 40, da me riadattata. Quando ero piccola, papà (Margot è figlia maggiore del magistrato e politico Carlo, fratello a sua volta del celebre magistrato e storico Alessandro Galante Garrone) mi teneva sulla ginocchia e mi cantava questa canzoncina:
A Bardonecchia, nel 1947, la mia famiglia passava l’estate in una grande casa del Borgo Vecchio. Casa che aveva un unico difetto, non tanto per le donne di casa, tutte disinibite (cameriera compresa: “l’ancella” la chiamava papà, memore dei latinismi del padre Luigi), quanto per la pruderie di mio padre: e il difetto consisteva nel fatto che il “licet” (vedi sopra alla voce latinismi), cioè il gabinetto, era sprovvisto di chiave.
Allora papà disegnò, su un foglio strappato ai suoi appunti, un grande cerchio (immagino col compasso: a differenza del padre Luigi, il latinista citato, che era anche un magnifico caricaturista e pittore, papà era negato per il disegno): da una parte il cerchio era rosso, dall’altra verde. Lo appese quindi alla porta del licet.
Sul cerchio scrisse a grandi caratteri in stampatello queste terzine dantesche:
Ond’Egli a me: Se vedi il disco rosso Contrassegnar la disïata porta Fermati a costo di fartela addosso.
Se verde il vedi, invece ti conforta Ed entra pure pieno di baldanza Per farla a piacimento o lunga o corta.
Un giorno venne a trovarci un vecchio zio di Roma (si chiamava Ovidio), il quale si entusiasmò talmente per la scritta, da riportarne poi così storpiato (alla faccia del suo nome di battesimo) l’ultimo verso: “Per farla a piacimento o corta o lunga”.
Un aneddoto
A Bardonecchia, nel 1947, la mia famiglia passava l’estate in una grande casa del Borgo Vecchio. Casa che aveva un unico difetto, non tanto per le donne di casa, tutte disinibite (cameriera compresa: “l’ancella” la chiamava papà, memore dei latinismi del padre Luigi), quanto per la pruderie di mio padre: e il difetto consisteva nel fatto che il “licet” (vedi sopra alla voce latinismi), cioè il gabinetto, era sprovvisto di chiave.
Allora papà disegnò, su un foglio strappato ai suoi appunti, un grande cerchio (immagino col compasso: a differenza del padre Luigi, il latinista citato, che era anche un magnifico caricaturista e pittore, papà era negato per il disegno): da una parte il cerchio era rosso, dall’altra verde. Lo appese quindi alla porta del licet.
Sul cerchio scrisse a grandi caratteri in stampatello queste terzine dantesche:
Ond’Egli a me: Se vedi il disco rosso Contrassegnar la disïata porta Fermati a costo di fartela addosso.
Se verde il vedi, invece ti conforta Ed entra pure pieno di baldanza Per farla a piacimento o lunga o corta.
Un giorno venne a trovarci un vecchio zio di Roma (si chiamava Ovidio), il quale si entusiasmò talmente per la scritta, da riportarne poi così storpiato (alla faccia del suo nome di battesimo) l’ultimo verso: “Per farla a piacimento o corta o lunga”.
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