L’uomo più potente della vecchia Banca Marche, l’ex dg Massimo Bianconi, che fino alla primavera del 2012 ha gestito le sorti dell’istituto di credito, poi affondato da un buco da 920 milioni di euro, verrà processato il prossimo 18 gennaio con l’accusa di corruzione tra privati. L’indagine è una filiazione dell’inchiesta madre sul crac e la bancarotta fraudolenta uno dei quattro istituti di credito salvati dal Governo, dichiarata insolvente il 15 marzo scorso.

Il gup Paola Moscaroli ha deciso il rinvio a giudizio di Bianconi e degli imprenditori Davide Degennaro e Vittorio Casale, mentre l’indagine principale a carico dello stesso ex manager e di altri 35 ex amministratori ed ex presidenti della banca e della controllata Medioleasing non è ancora conclusa. Oggi il giudice ha respinto le ultime eccezioni dei difensori, che lamentavano l’assenza dal fascicolo di alcuni degli allegati (alcune pratiche di finanziamento) richiamati dalla Guardia di Finanza nell’indagine avviata tre anni fa.

I pm Andrea Laurino, Marco Pucilli e Serena Bizzarri hanno ipotizzato scambi di favori tra Bianconi e gli imprenditori per finanziamenti concessi dalla vecchia Banca Marche. La Guardia di finanza aveva messo sotto sequestro beni per 15 milioni di euro: 20 conti correnti, quote di società, due case a Bologna, una a Parma e due a Roma, tra cui la ormai nota palazzina in via Archimede, ai Parioli, passata da una società di Casale ad un’altra intestata a familiari di Bianconi. Attorno alla palazzina, anche con azioni riconducibili a Degennaro, si sarebbero consumate operazioni volte ad avvantaggiare Bianconi in relazione a facilitazioni su finanziamenti e anticipi Iva. I difensori però respingono tutte le argomentazioni dell’accusa. Vecchia e Nuova Banca Marche saranno parti civili in giudizio solo contro i due imprenditori, per non sovrapporsi all’azione di responsabilità da 200 milioni di euro già avviata contro Bianconi.

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