Pensavano finalmente di poter rivedere i loro soldi. E invece più di un migliaio di risparmiatori coinvolti nel fallimento delle quattro banche hanno dovuto ricredersi. Le loro richieste sono state rispedite al mittente dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd). Il motivo? Se i titoli sono stati ceduti a un familiare a titolo gratuito, non possono essere rimborsati. E’ la legge che lo stabilisce e, secondo fonti vicine al Fitd, nessuna interpretazione estensiva può essere applicata. Detto in altri termini, c’è una falla nella normativa per la quale Renzi dichiarò che se fosse stato un risparmiatore tradito sarebbe andato “ad abbracciare Padoan”.

La legge 119 del 30 giugno 2016 stabilisce infatti che i risparmiatori che possono essere rimborsati devono rispettare determinati parametri di reddito e patrimonio. Inoltre possono accedere ai fondi del Fitd solo se l’investimento ha tre caratteristiche: innanzitutto i titoli devono essere stati acquistati prima dello spartiacque del 12 giugno 2014. Poi ci deve essere un rapporto diretto con la banca. Infine il risparmiatore deve avere il possesso delle obbligazioni nella data di risoluzione delle banche, cioè il 22 novembre 2015. Ed è proprio qui il tasto dolente. Alcuni risparmiatori hanno infatti donato i titoli a familiari e, quindi, non possono essere rimborsati perché la legge richiede un acquisto originario in contropartita diretta. Oltre al danno, poi si aggiunge anche la beffa: i risparmiatori che si trovano in queste condizioni e hanno presentato richiesta di rimborso al Fitd, non potranno accedere alla procedura arbitrale.

Il caso più eclatante è quello della Cassa di risparmio di Ferrara dove, secondo l’Associazione Amici di Carife e il gruppo Risparmiatori azzerati di Carife, ci sarebbero almeno un migliaio di persone tagliate fuori dai rimborsi su un totale di 7mila obbligazionisti subordinati azzerati. I risparmiatori contestano il fatto che la legge si sia preoccupata di regolamentare il rimborso in caso di eredità, ma non in quello di donazione, creando una falla nel meccanismo di rimborso ed equiparando così chi ha ricevuto in donazione le obbligazioni a chi ha acquistato da intermediari magari a scopo speculativo.

“Non è bastato il pasticcio dei decreti che dovrebbero regolare gli arbitrati dell’Anticorruzione e che sono stati rispediti dal Consiglio di Stato al Tesoro per macroscopici errori e incongruenze – hanno denunciato i deputati M5S Vittorio Ferraresi e Alessio Villarosa in una interrogazione al ministero delle Finanze del 14 ottobre scorso – Ora si scopre che, a differenza degli eredi del risparmiatore eventualmente defunto, che possono accedere al risarcimento forfettario se rientrano negli stessi limiti di reddito o di patrimonio, i familiari o parenti cui le obbligazioni siano state trasferite in vita a titolo gratuito non hanno diritto al rimborso. Un vincolo assurdo, una disparità inspiegabile”.

Al Tesoro hanno ben presente la spinosa questione. Secondo quanto risulta al fattoquotidiano.it, il ministero sta pensando di rimborsare anche i casi dei risparmiatori che hanno ceduto a titolo gratuito i titoli prima del 12 giugno 2014. Non quelli dopo, però, per evitare di rimborsare obbligazioni che sono state cedute gratuitamente a familiari al solo scopo di rientrare nei paletti di reddito e patrimonio fissati dalla legge. La soluzione, insomma, è possibile. Ma solo se interviene il governo, che dovrà fornire ai titolari di obbligazioni donate anche il dettaglio della documentazione da presentare al Fitd, che ha sul tavolo circa 2mila pratiche e ha finora liquidato 4,7 milioni. In caso contrario, il dono ricevuto dai familiari si trasformerà ben presto in un pugno di mosche.

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