michele-corradino-anac“E’ normale… lo fanno tutti”. Per questo denunciare i meccanismi del malaffare non basta più. Bisogna entrare nella testa, nei discorsi, nei ragionamenti di chi lo pratica senza remore perché è convinto che farlo sia la regola, perché appunto “lo fanno tutti”. Solo così si può sperare di estirpare davvero il malcostume che affligge l’Italia da dentro la società: nelle famiglie, sui luoghi di lavoro, nelle amministrazioni e istituzioni pubbliche, nella sport e perfino tra le forze di polizia. E’ la convinzione che ha spinto Michele Corradino, commissario dell’Autorità nazionale anticorruzione e già capo di gabinetto di diversi ministeri, a setacciare le grandi e piccole cronache dell’Italia corrotta per scovare la matrice originaria del pensiero comune che giustifica e legittima come normale il dominio della quotidianità del malaffare. Un libro unico nel suo genere, rivelatore, perché attinge dal pozzo di dichiarazioni, dialoghi e intercettazioni delle inchieste giudiziarie che solitamente fanno da contorno ai fatti e invece ne sono spesso il manifesto sociale, quasi ideologico. Il libro, edito da Chiarelettere e di cui ilfattoquotidiano.it pubblica un estratto, si legge d’un fiato nonostante un chiaro intento pedagogico.

Corradino ne parla con molte speranze. Sta tornando dal Liceo Cavour di Roma dove ha presentato il testo ai ragazzi. Reazioni? “Riscontro molta attenzione da parte loro, anche grazie al fatto che le conversazioni riportate assumono spesso toni grotteschi e surreali, ancorché drammatiche. E sono contento perché in questo lavoro ho documentato come proprio i giovani siano assuefatti al malaffare e alla corruzione. Ritengono normale ricorrere a una raccomandazione per superare un esame così come gli imprenditori sono convinti che sia indispensabile pagare una mazzetta per ottenere un servizio dalla pubblica amministrazione. Questo lo dicevano le statistiche ma le intercettazioni dicono più dei numeri, per quanto drammatici. Ho scelto appositamente quei dialoghi perché il fenomeno di assuefazione e banalizzazione del malaffare lo si coglie a pieno dalla viva voce di chi lo conosce meglio e cioè corrotti e corruttori”.

L’esperimento rivela come la società intera sembra ormai del tutto incapace di cogliere a pieno il disvalore sociale ed etico di certi comportamenti. La famiglia, che dovrebbe essere il primo luogo di trasmissione di certi valori, esce a pezzi. Nei dialoghi riportati, c’è il padre che insegna al figlio i fondamentali della corruzione. Il figlio che spiega al padre come riciclare denaro, la madre che consola il figlio perché non riesce a essere corrotto quanto il padre. Le istituzioni e la politica escono a pezzi. Ci sono politici che sono messi a libro paga dagli imprenditori e quelli li maltrattano come fossero l’ultimo dei dipendenti: “Alza il culo e vieni subito qua”, dice la segretaria al politico per farlo arrivare a una cena con l’imprenditore di riferimento. E quello lo fa. Oppure il concorso pubblico in cui due professori parlano tra loro a proposito di un candidato al concorso da professore: “Hai visto quanto è bravo quel ragazzo?”, dice il primo. “Ah sì sì ma tranquillo, lo abbiamo fregato”. “Bisogna raccontare queste cose ai ragazzi perché devono reagire, non si devono piegare pensando che tutto è normale, assuefatto. Dobbiamo instillargli rabbia nei confronti di questo fenomeno”.

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