Quattro giorni fa Giovanni Campo, 25 anni, operaio della Steel Service, moriva nel reparto Afo4 dell’Ilva di Taranto. E due giorni fa la Procura di Taranto, dopo aver aperto un fascicolo, aveva iscritto 12 persone nel registro degli indagati. A indagini appena iniziate il commissario Enrico Laghi in commissione attività produttive alla Camera ipotizza che il giovane operaio era “troppo vicino al nastro” trasportatore “di fronte al tamburo di rinvio”. “La progressiva rimozione del materiale ha determinato una variazione delle condizioni di assetto del nastro con conseguente rotazione del tamburo” ha detto ancora Laghi.

Ieri ai funerali dell’operaio l’arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, aveva detto: “Taranto non ne può più. Il lavoro è per la vita, non per la morte!”. E subito dopo l’incidente il presidente della Puglia Michele Emiliano aveva dichiarato che “la rabbia della Puglia è incontenibile” e che “la nostra pazienza è finita” definendo il siderurgico una fabbrica “vecchia e insicura” annunciando la richiesta dello lo stop delle attività produttive a meno che non venga portato a termine il “processo di ambientalizzazione” e “la messa in sicurezza della fabbrica sia assicurata”.

Allo stato nel registro degli indagati sono iscritti l’attuale direttore dello stabilimento siderurgico, Ruggero Cola, Andrea Coluccia, Cosimo Frascella, Antonio Bianco, Walter Romagnoli, Andrea Santoro, Giuseppe Chimienti, Antonio Neglia (Ilva); Rocco Ottelli, Teodoro De Padova, Stefano Bagordo e Francesco De Gregorio (Steel Service). L’accusa ipotizza il reato di cooperazione in omicidio colposo.

Per limitare i tempi di fermata del nastro trasportatore a servizio dell’Altoforno 4 ed evitare conseguenze sull’ambiente e sulla sicurezza, si sono già svolte le operazioni peritali, al termine delle quali l’area dell’incidente è stata dissequestrata. Il pm Cannarile ha affidato una consulenza tecnica al professor Massimo Sorli, ordinario di Meccanica applicata alle macchine del Politecnico di Torino, chiedendo al professionista di accertare la dinamica e le cause dell’infortunio mortale. I legali degli indagati hanno nominato consulenti di parte l’ingegner Silvia Barella del Dipartimento Meccanica del Policlinico di Milano e l’ingegnere impiantista Maurizio Scudella.

L’Ilva continua ha sostenuto che prima dell’incidente erano state adottate le misure di sicurezza e l’impianto era stato privato dell’alimentazione elettrica. Secondo i sindacati, invece, si sarebbe verificato un problema al contrappeso che gestisce le fasi di tensione e allentamento. Giacomo Campo avrebbe dovuto pulire l’area dalla polvere prodotta dalla dispersione del minerale, ma qualcosa non ha funzionato ed era rimasto intrappolato negli ingranaggi.

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