Istat certifica la “crescita zero”, il debito pubblico sale di 77,2 miliardi. Intanto la Presidenza del Consiglio promuove a pieni voti i vertici del suo Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, il motore stesso della politica per lo sviluppo del governo. Sul sito del governo è stata pubblicata la “tabella delle performance” aggiornata al 29 luglio, una quarantina di pagine in tutto, con il bollino dell’Ufficio per il Controllo interno (Uic), che è come dire Palazzo Chigi che dà i voti a se stesso. Promuovendosi a pieni voti. E se il target raggiunto non è stato proprio il 100%? Nessun problema: perché era stato preventivamente fissato all’80, al 60 o al 40% e così via. E le cifre in ballo sono di tutto rispetto.

Ad esempio quelle di Antonella Manzione, l’ex comandante dei vigili che da Firenze Renzi si è portato a Roma per metterla a capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi del governo: nel 2015 ha preso 55mila euro di stipendio tabellare, 36mila di retribuzione di posizione più una componente variabile di 80mila e altri 34.600 come premio di risultato. In tutto nel 2015 ha portato a casa 207mila euro, 93mila euro più di Renzi che l’ha nominata. Idem per Ferruccio Sepe, capo del dipartimento. Buon per loro, si dirà, se non per un dettaglio: numeri e parole di quel documento sembrano aver perso ogni rapporto col reale. A prenderli per veri si direbbe infatti che in Italia va tutto a meraviglia: le opere pubbliche, gli affari per le imprese, la lotta alla burocrazia e alla corruzione. Quando si tenta di approfondire il merito delle singole valutazioni emerge la distanza con la realtà oggettiva dei dati (Pil e debito) e con la percezione soggettiva dei governati (a luglio la fiducia nell’esecutivo è calata di altri due punto scendendo al 20,2%). Non senza errori, “successi” discutibili e sproloqui in burocratichese stretto. Vediamone alcuni.

Anche le supercazzole promosse al 100%
Ci concentriamo su Ferruccio Sepe perché è il dirigente che muove la “cassa” che fa defluire investimenti in ogni ambito pubblico, dalle opere (Cipe) alla ricerca e ai fondi per la coesione territoriale e urbana. Nel 2015, aveva quattro “obiettivi strategici” da conseguire denominati “Azioni per la crescita del Paese”. Ne prendiamo uno a caso. Titolo: “Avvio di una programmazione concertata di medio-lungo termine (Agenda urbana nazionale) finalizzata ad un aumento dell’efficacia e della coerenza delle politiche urbane in Italia”. Niente di più ragionevole. E veniamo ai risultati attesi. L’azione per la “crescita del Paese” si traduce in un improbabile “presentazione di un Progetto operativo nell’ambito del Programma Operativo Nazionale Governance e capacità istituzionale 2014-2020, rivolto al rafforzamento degli strumenti conoscitivi e di valutazione delle politiche urbane, alla definizione concertata di contenuti, obiettivi e indicatori dell’Agenda urbana nazionale e al trasferimento di conoscenze e competenze a supporto degli EE.LL. nel processo di implementazione di soluzioni tecnologico organizzative ICT abilitanti gli obiettivi dell’Agenda”. Non conta capire tutto, altrimenti sarebbe scritto in italiano. Conta che l’obiettivo in fin dei conti era la trasmissione del progetto entro e non oltre il 31 dicembre. Il risultato effettivo, concreto, sembra quasi irrilevante nella valutazione della performance.

“Pagina non trovata”. La sciatteria nelle valutazioni
Per accreditare un esito positivo delle attività svolte viene indicato, dove possibile, qualcosa di concreto come un sito, una mappa, un report, una tabella. Sempre nella pagella di Sepe si può allora apprezzare l’esito di un’altra “azione per la crescita”. E’ il piano di riorganizzazione dei porti italiani. L’obiettivo si consegue con la trasmissione di una istruttoria il cui risultato “è visibile alla seguente pagina web”. Segue indirizzo web, ma porta a una pagina inesistente. E nessuno, per dire quanto devono contare queste “valutazioni delle performance”, se n’è accorto. Il target è comunque raggiunto al 100% anche se i porti italiani sono in crisi, comunque.

“Segui le opere di Cantieri in Comune”. E non ci sono
Arriviamo così a un’operazione che fu cavallo di battaglia di Renzi della prima ora: lo Sblocca Italia. Il 2 giugno 2014, durante la Festa della Repubblica, il premier invita i sindaci d’Italia a segnalare cantieri e investimenti bloccati da burocrazia. Rispondono 1.650 sindaci segnalando 3.300 interventi. A settembre arriva il decreto che dà disco verde alle opere purché cantierabili entro agosto 2015. Oltre a coordinare tutta l’operazione, il Dipartimento per la programmazione e coordinamento della politica economica deve anche rendere fruibili i risultati dell’operazione che trasferisce 189 milioni di euro nei cantieri. Era questo uno degli “obiettivi”: realizzare la banca dati e mappare gli interventi (saranno 137) per monitorare la spesa. Nell’indicare il conseguimento dell’obiettivo si rimanda al sito “Cantieri in Comune”, dove il cittadino può verificare quanti fondi ha ricevuto il suo comune. Bellissimo. Ma se questo vale un premio, si dovrebbe dare il Nobel a chi riesce a rappresentare (anche) com’è finita l’operazione? Questi benedetti cantieri sono stati poi chiusi nei tempi? Quanti e quali sono in ritardo rispetto alle scadenze previste? Ecco, tutto questo non c’è. Ed è parte di quella Italia che manca. Nonostante i premi ai dirigenti.

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