“Anche se non ci fossero i crediti deteriorati, il sistema avrebbe un problema strutturale: ha troppe filiali e non fa profitti, non solo a causa dei bassi tassi di interesse. L’Italia ha più sportelli che pizzerie, stando all’Ocse, cosa che sovraccarica gli istituti di costi oltre che di prestiti difficili da riscuotere”. Mentre da Bruxelles il numero uno dell’Eurogruppo chiarisce che le banche – sia quelle italiane sia le tedesche – devono “risolvere da sole” i loro problemi, il Financial Times dedica un altro editoriale alla situazione del settore nella Penisola. E la fotografia che ne emerge è quella di un’industria per la quale “il tempo sta scadendo“.

“Ironicamente Renzi ha fatto più di ogni altro leader degli ultimi 20 anni per cercare di riformare il settore fortemente frammentato“, scrive il quotidiano finanziario, ma “sfortunatamente” oggi “le massicce ricapitalizzazioni” con denaro pubblico che si sarebbero potute fare tra 2008 e 2010, “quando altre banche in Europa e Usa hanno attraversato un processo simile”, ora sono vietate dalla direttiva Brrd. E “le discussioni tra l’Italia e i funzionari Ue su un bailout per le sue banche deboli”, a partire dal Monte dei Paschi, “si sono impantanate”. Se i piccoli risparmiatori che hanno acquistato bond subordinati della banca perderanno i loro soldi a causa dell’applicazione del bail in, ribadisce poi il Ft, sarà a rischio la tenuta stessa del governo. Anche perché Renzi lo scorso gennaio ha detto in diretta tv che Mps – di cui il quotidiano ricorda tutta la parabola discendente, culminata in negativo con l‘acquisizione di Antonveneta per 9 miliardi di euro accollandosene 7 di debiti – era “risanata” e investire nella banca era “un affare”.

In ogni caso, sottolinea il giornale, “il sistema avrebbe un problema strutturale anche senza i crediti deteriorati: ha troppe filiali e manca di profittabilità, non solo a causa dei bassi tassi di interesse. Il Paese ha più sportelli che pizzerie, stando all’Ocse, cosa che sovraccarica gli istituti di costi oltre che di prestiti difficili da riscuotere”.

Esprimono invece posizioni diverse i due quotidiani tedeschi che lunedì si occupano della crisi delle banche italiane, Sueddeutsche Zeitung e Handelsblatt. Per il quotidiano di Monaco “velocità e un’azione di fondo sono più importanti di una rigida interpretazione delle regole”. “Bisogna affrontare il fuoco quando è ancora piccolo – prosegue la Sueddeutsche nell’editoriale – qualunque cosa faccia Renzi, non deve essere riduttiva, altrimenti la crisi prima o poi si ripresenterà”. Quindi l’appello indirizzato a Bruxelles e a Berlino: “La Commissione Ue e il governo tedesco devono sostenere Renzi, quanto più possibile. Oggi, in Europa, non ci sono più molti riformisti”. Handelsblatt, che al tema dedica l’apertura di prima pagina e due pagine interne, dà maggior risalto alle critiche di economisti tedeschi (tra cui l’ex presidente dell’istituto Ifo, Hans-Werner Sinn) all’ipotesi che le regole sul bail-in possano non essere rispettate. E riporta i timori del presidente dell’istituto Diw di Berlino, Marcel Fratzscher, uno dei pochi economisti tedeschi non favorevoli alla linea dell’austerity: “Ritengo sempre più probabile che l’Italia, in un prossimo futuro, avrà bisogno degli aiuti del programma salva-Stati Esm“. Programma che comporta però una rigida condizionalità: di fatto il Paese dovrebbe concordare una serie di riforma con la troika. 

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