L’insegnante è lesbica? Deve smentire, o risolvere la situazione che rischia di gettare discredito sulla scuola cattolica. Altrimenti il contratto di lavoro non verrà rinnovato. La minaccia, più o meno allusiva, ma poi tradottasi nei fatti, ha portato alla condanna dell‘Istituto paritario Sacro Cuore di Trento a risarcire con 25 mila euro la docente, per discriminazione dovuta al suo orientamento sessuale. La decisione è stata presa da Michele Cuccaro, giudice del tribunale di Rovereto, che ha anche condannato la scuola a rifondere 1.500 euro ad ogni associazione che si era costituita parte civile, la Cgil del Trentino e l’Associazione Certi diritti, per discriminazione collettiva.

Tutto era nato due anni fa, quando la donna aveva raccontato la sua storia in alcune interviste. “Sono stata convocata dalla madre superiora. Mi ha detto chiaramente che c’erano delle voci sul mio comportamento sessuale e che era necessaria una mia smentita per ottenere un rinnovo”. Di che cosa si trattava? “Credo che mi fosse semplicemente richiesta una smentita in quel momento, ma io ho risposto che non era il caso e che non avrei detto assolutamente nulla sul mio orientamento sessuale. Perché ovviamente il problema non è se io sono o non sono lesbica, ma il fatto che mi venga chiesto e che da questo fatto privato dipenda il rinnovo di un contratto di lavoro”. Determinata, l’insegnante aveva denunciato pubblicamente quanto accaduto. “Ho trovato la richiesta un mero esercizio di potere, visto che nessuno può intrufolarsi nel mio letto. Voglio che si sappia che un istituto intende indagare in maniera inquisitoria l’orientamento sessuale dei docenti mettendosi contro la Costituzione. Se lo fa con i professori mi chiedo perché non dovrebbe farlo anche con gli studenti”.

Secondo il giudice ci fu una discriminazione individuale a partire dal colloquio avvenuto il 16 luglio 2014, durante il quale la dirigente le avrebbe chiesto di “risolvere il problema”. La conseguenza fu il mancato rinnovo e la perdita del diritto ad ottenere la conversione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Secondo il giudice ci fu anche un cambio di versione da parte dell’Istituto, secondo cui l’insegnante avrebbe turbato gli alunni con discorsi sul sesso. Al conto si aggiungono circa 8 mila euro per le spese di giudizio.

“Con questa decisione – ha commentato soddisfatta l’insegnante, sui giornali locali – lo Stato italiano garantisce il diritto mio e di ogni altra persona a non essere discriminata. La dignità di ogni lavoratore è un principio supremo della Costituzione. Mi spiace che per il Presidente della Provincia autonoma di Trento Ugo Rossi, invece, questi fatti, che emergevano con chiarezza già dall’istruttoria che la stessa Giunta aveva disposto, fossero del tutto legittimi”. L’avvocato Alexander Schuster ha aggiunto: “La questione non riguarda tanto l’orientamento sessuale, perché dice molto di più: garantisce i diritti fondamentali di ogni lavoratore. I datori di lavoro di ispirazione religiosa o filosofica non possono sottoporre i propri lavoratori a interrogatori sulla loro vita privata o discriminarli per le loro scelte di vita. È la legge a stabilire cosa è discriminazione, non le convinzioni delle singole organizzazioni religiose”. Il riferimento è alla normativa antidiscriminatoria del 2003.

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