Spesso l’analisi politologica ci fa perdere di vista alcuni aspetti della società molto importanti e sui quali vale la pena soffermarsi. Questo ci permette di capire la complessità di una realtà che non è fatta solo di narrazione politica. Nel caso di Israele ci troviamo di fronte ad un caso tipico in cui il discorso politico domina tutti gli altri aspetti della società. Insomma, parliamo e scriviamo di Israele come se l’unico problema fosse il conflitto arabo-israeliano. Gli Israeliani in carne ed ossa, le loro storie i loro problemi, sono destinati ad essere assorbiti dalla narrazione più grande. Questa volta voglio parlarvi di un terapista, un sessuologo, David Ribner, che si è specializzato nell’aiutare la comunità degli ultraortodossi a superare i problemi sessuali che incontrano a causa di una concezione particolare e severa della religione.

41XiHjD37iL._SX306_BO1,204,203,200_L’ispirazione per questo post mi è venuta leggendo un lungo articolo di Le Monde a cui farò riferimento, corredando queste informazioni con altre fonti. Quanti sono gli ultraortodossi, gli aredi, oggi? Secondo il giornalista di “Le Monde”, nel 1948 erano solo qualche decina di migliaia sino a diventare, ai giorni nostri, 850.000 mila unità, un decimo della popolazione di Israele. La vulgata più comune a proposito degli aredi è che le coppie sposate ricorrono a un buco nelle lenzuola da permettere la penetrazione senza toccarsi o toccarsi il minimo indispensabile. In parte, questa pratica tende ad essere superata, anche se rimane un quadro della sessualità di coppia delirante. L’intimità tra marito e moglie è considerata come qualcosa di strumentale, rivolto cioè essenzialmente alla procreazione.

Secondo alcuni gruppi di aredi, l’accoppiamento può avere luogo due volte al mese; ancora più restrittive sono le regole in caso in cui la donna è incinta. A causa di questo stato di cose, e di altri comportamenti restrittivi, secondo il giornalista di “Le Monde”, da 1000 a 1300 lasciano ogni anno la comunità. Il dramma si palesa nei più giovani che arrivano al matrimonio, magari molto preparati nelle cose religiose, ma digiuni sul modo con cui esprimere la loro sessualità in un contesto culturale dominato da internet, dai social network, da una società dei consumi che preme alle porte delle comunità ultraortodosse. Ecco il successo del libro del sessuologo, David Ribner, The Newlywed’s Guide to Physical Intimacy; in esso sono contenuti alcuni consigli per la sessualità per gli ultraortodossi.

Il libro contiene una busta sigillata in cui sono illustrate tre posizioni classiche con cui accoppiarsi, una specie di istruzione per l’uso per i più giovani che, come dicevamo, arrivano al matrimonio completamente digiuni di sesso. Spesso però, le spiegazioni manualistiche, non bastano e si sono verificati casi in cui la donna sposata , dopo alcuni anni, risultava ancora vergine perché né l’uno né l’altra sapevano come fare. Sembra paradossale se si pensa alle nostre madri del sud che, una volta, non più ora, istruivano le proprie figlie su come comportarsi la prima notte di matrimonio.

L’importanza della situazione non è sfuggita ai rabbini e la loro reazione, più accondiscendente nei confronti di coloro che fanno ricorso ai consigli di un sessuologo, così come nei riguardi del manuale pratico di Ribner, evidenzia una preoccupazione di possibile problemi sul funzionamento della comunità. Anche l’opposizione iniziale dei rabbini nei confronti della televisione ha subito un considerevole ridimensionamento. Ma, questa nuova situazione, non ha di molto modificato i problemi, molti dei quali derivano dagli stessi insegnamenti impartiti nella yeshivah (le scuole religiose), le quali si limitano a trattare il problema del sesso dando solo alcuni consigli di base come ad esempio quello della penetrazione che deve essere forte e veloce.

Si può capire il trauma che tali comportamenti possono causare ad una ragazza vergine e spesso molto giovane che deve confrontarsi per la prima volta con un corpo maschile. Mi domando quali sono le differenze con quell’altro mondo, quello arabo-musulmano, percorso dalle stesse fobie sul sesso, ma senza un manuale pratico su come fare l’amore.

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