Sono passati quattro anni da quel terremoto che il 20 maggio del 2012 mise in ginocchio l’Emilia. E a Finale Emilia (Modena), epicentro della prima scossa, ci sono ancora circa 900 case inagibili e migliaia di persone fuori dalla propria abitazione. In centro poi la ricostruzione è ancora in alto mare. Per questo diversi negozianti sono stati costretti a trasferire la propria attività. Come uno dei tabaccai storici del paese, che da quattro anni ormai lavora dentro un container sistemato al centro di una piazza. “Siamo ancora in questa casetta di legno, perché il centro è un disastro” spiega. “Una volta il centro viveva, ma adesso non c’è più niente”, gli fa eco uno dei passanti. Il 5 giugno anche qui si vota per scegliere la nuova amministrazione, e al cuore delle discussioni pre elettorali c’è il destino di questa cittadina emiliana sconvolta dalle scosse. L’immagine della sua Torre dell’orologio distrutta e spezzata a metà è diventata in questi anni il triste simbolo della devastazione portata dal sisma. Va detto che qualche negozio ha riaperto, le strade sono transitabili, ma fino a quando non riapriranno la sede storica del Comune, il Duomo, il Castello e l’ospedale, nei negozi, nei bar, nei ristoranti a passarci saranno in pochi. “Siamo l’unico paese del cratere del terremoto che non ha una politica di ricostruzione del centro storico”, attacca Stefano Lugli, segretario regionale di Rifondazione comunista Emilia Romagna e candidato sindaco con la lista Sinistra civica, che si presenta divisa dal Pd. Quest’ultimo invece candida l’insegnante Elena Terzi. Obiettivo iniziale di tutti i partiti è proprio quello di portare al ballottaggio i democratici, che qui governano ininterrottamente dal Dopoguerra. Il Movimento 5 stelle ha scelto Andrea Pavani, mentre il centrodestra (Lega nord e Forza Italia) Sandro Palazzi. “Le tempistiche di recupero come tutti i terremoti vanno oltre i dieci anni”, spiega Fernando Ferioli, sindaco uscente e oggi non ricandidato. La sua scelta di fare un passo indietro è arrivata dopo un solo mandato in cui, oltre al sisma del 2012, ha dovuto fare fronte ad altri ‘terremoti’, tutti giudiziari. L’ex responsabile comunale dei lavori pubblici è stato infatti condannato in primo grado nel processo Aemilia, per abuso d’ufficio. E secondo i pm della Direzione distrettuale antimafia di Bologna uomini della ‘ndrangheta hanno lavorato nella ricostruzione infiltrati in una ditta. Il sindaco Ferioli, va detto, non è stato mai coinvolto nelle inchieste della Dda, anche se la sua amministrazione per molti mesi, tra il 2015 e il 2016, è stata sotto la lente di una commissione prefettizia che doveva verificare la presenza di eventuali infiltrazioni mafiose. Dopo l’ispezione, lo scorso gennaio, il ministero degli Interni ha ritenuto tuttavia che non ci fossero i presupposti per uno scioglimento. “Mi si accusa di non avere controllato i cantieri – si difende Ferioli – ma un sindaco che ne ha 250 aperti, non può permettersi di capire se tra migliaia di operai ci sono poche persone legate alla ‘ndrangheta”. L’ultima tegola è caduta a poche settimane dal voto: in un’inchiesta della procura di Modena sui rapporti con alcune associazioni di volontariato, il sindaco è indagato per abuso d’ufficio. Da qui la decisione non presentarsi alle comunali, nonostante le locandine già pronte. “Rinunciare a una candidatura dopo tutto quello che ho fatto per questa città, per un’indagine su delle convenzioni stipulate da oltre 30 anni, mi amareggia molto”. E i finalesi intervistati sembrano essere tutti con lui

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